Città di Naro

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La donzella e Marcantonio

Ci sono alcune leggende legate al quartiere ebraico, che a Naro constava di una comunità di alcune centinaia di persone (circa 806), retta da sei Proti (magistrati) e con una scuola propria dove si insegnava lettere ebraiche, dedita al commercio, alla lavorazione del ferro, al prestito ad interesse e che doveva pulire, una volta al mese, le sale del castello. Una di queste leggende ci viene tramandata dal Prof. Pitruzzella: nei pressi del tratto di mura che dall'antico Duomo andava alla Porta Vecchia, nel punto indicato con la lettera B (demominato dal popolino U Pirtusiddru) nell'unita pianta topografica, esiste una grotta al di sotto del piano di terra e, vicino a questa, nel punto indicato con la lettera C, sino a pochi anni addietro si vedeva un piedistallo in muratura, con sopra una croce di legno. Fra il popolino si perpetua ancora una leggenda che, la sera prima delle nozze (a sirata) di una donzella, durante la festa propiziatoria alle nozze, si sia presentato colà, come venuto dal nulla, uno sconosciuto, vestito di nero, con un gran mantello, pure nero, dalle cui falde usciva una lunga coda, il quale appena vide la bella donzella, facendosi largo tra gli invitati, disse: Sono marcantò, piglio la sposa con presunziò! Dicendo queste parole, avvinse con le spire della coda la donzella ed attraverso un viottolo fuggendo, fra lo stupore dei presenti, entrò in una grotta nelle vicinanze ed, attraverso un cunicolo segreto, sprofondò nelle viscere della terra con la sua bella preda. A nulla valsero le ricerche dei congiunti, non era rimasta alcuna traccia della donzella e di Marcantonio, erano come svaniti nel nulla. È opinione che colà si celebrasse il culto a Persefone e che il Marcantonio non sia altro che Plutone, in latino, Ade in greco e la donzella Persefone in greco, Proserpina in latino, dea della Primavera. La croce venne messa in quel luogo a scongiuro delle divinità pagane. (cfr. Cav. dott. Giuseppe Mendola, La Siciliana, rivista di storia, Folklore ed archeologica, nr. 3 e 4 del 1928, Siracusa).