Lillo Novella - NARO, Leggenda arte tradizione - Edizione a cura dell'Amministrazione Comunale -

 

LEGGENDA

Mito e leggenda

     Se in Sicilia la storia si sposa con la leggenda, a Naro è un matrimonio indissolubile.
     Situata in una posizione scenograficamente attraente, sul pendio di un colle ameno, a quota prossima ai 600 m. s. m., Naro è uno dei belvedere di Sicilia, di rara bellezza, che ne fa un centro alternativo alle località balneari, la cui veduta si estende fino all'Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata, naturalmente protetta, la hanno resa un luogo particolarmente ambito. Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda ed al mito.
     Il suo vasto territorio presenta l'esistenza di insediamenti umani in epoca remotissima, riferibile al periodo neolitico (4.500/3.500 a.C.). Si può affermare, pertanto, che la preistoria di Naro, con distinti e documentati riferimenti, è datata già fin dal periodo di Stentinello (a) (tracce di basamenti di antiche capanne e numerose tombe a forno ed ad anticella in contrada Furore, Ragamé, Dainomeli, Siritino e Castellaccio), per poi continuare con l'età del bronzo (2.500/1.400 a.C.)(b) con la così detta cultura Castellucciana, tanto importante perché connessa al passaggio della cultura eneolitica a quella del bronzo e l'età del ferro (c) (1.400/1.300 a.C. in poi).
     La sua storia, pertanto, è profondamente inserita nella storia della civiltà mediterranea, che ebbe in Sicilia la sua massima espressione. E, così, la sua origine millenaria ha dato origine, prima della sua storia, alla leggenda ed al mito, dando vita nel corso dei secoli a diverse ipotesi sulle sue origini:
     A) Secondo la leggenda intorno ai primi abitatori dell'Isola, che sarebbero stati i Giganti (di cui parlano la Genesi, Omero. Tucidide, Giustino, Plinio, Strabone e,  poi, gli storici siciliani Fazello, Caruso, Pancrazio, Valguarnera, P. Giovanni Chiarandà nella sua Piazza (libro 1, cap. 8), Mario Negro nella sua Geografia (cap. XV, p. 115), P. Massa nella sua Sicilia in prospettiva (parte 2, p. 248) e Carlo Ruca nel Virgilio Illustrato - Eneide (Libro terzo, p. 394, Agragas, urbis Ionia olim, in vertice rupis exstructa, hodie Naro dicitur.) ritengono essere stato Naro edificato dai Giganti dopo il diluvio universale, sul monte Agragante dal nome del loro capo, che aveva nome Agragante e che diede nome al monte ed al fiume.
     Secondo un'altra antica leggenda siciliana, Giove che era adorato come divinità di montagna (Giove Etneo) unendosi con una oceanina, Asterope, ebbe un figlio chiamato Acrάgaς ed una figlia chiamata NARO (Ναίς =ninfa di fonte o di fiume o anche Nαρόn in greco scorrente-fiume)(d).
     Tale suggestiva ipotesi viene avvalorata da Paolo Castelli (Storia di Naro) e da Fra Salvatore Cappuccino (La Fenice). Quest'ultimo rifacendosi all'archivio del Regio Ufficio Giuratorio, Foglio 1, riporta la notizia che nel Sec XV quando si doveva costruire il cappellone della chiesa madre, si rinvenne nelle fondamenta abbondanza di crani, cannelle, denti ed altre ossa gigantesche .
     Lo stesso ci tramanda la testimonianza del dott. Francesco Barone: nel 1782 alcuni contadini nei dintorni del regio castello trovarono un teschio grande, da ricevere nella sua cavità un tumulo di grano e quella del sac. Gaspare Licata  nel 1784 nella casina di don. Giuseppe Torricelli, feudo di Furore, territorio di Naro, si doveva fabbricare un magazzino e nel suolo fu trovato uno scheletro gigantesco, il cui cranio era capace di contenere mondelli 3 di frumento. Fin qui la leggenda e la tradizione. Ma, durante i recenti lavori di ristrutturazione del vecchio Duomo, un lavorante pare che abbia detto che erano state rinvenute e, poi spezzate, trasportate e buttate nella "carnara" del cimitero comunale: Testi ca parivanu palluna e gammi ca parivanu cosci di sceccu.

No comment!

 

SONETTO "A NARO"
Acragante sublime, il tuo bel vanto,
spiegan gli antri vetusti il sito ameno,
l'Esperiadi giardini e fertile terreno
danno lena sonora al mio bel canto.
L'antica fama tua, di pregio tanto,
che Roma il Naro tien nel suo seno
giunga alle stelle, al cielo e vola a pieno
che pur rimbomba nell'Empireo stato.
Prese il nome dal tuo fiume Acragante
Lìantico e rovinato Dorico famoso
dal nostro lume l'eroico Atlante.
Il tuo monte scoscese, è storioso
dal Ionico condottier il tuo gigante
del regno di Triquerca è il più fastoso.
di Anonimo Narese ( sec.XVII-XVIII )

     B) Altra ipotesi, con notizie meno incerte, ma tuttavia ancora avvolte nelle nubi della favola, è quella che vuole Naro fondata dai Sicani con il nome di Indara, come ritiene Placido Palmeri, credendo che sia la stessa Inico, di cui fanno menzione Antioco, Pausania, Erodoto, Diodoro, Strabome e Stefano, città capitale del regno di Eubolo, principe dei Sicani, padre di Cocalo, non lontano dalla riva sinistra del fiume Hipsa (Naro), come dice Cluverio, tra Agrigento e Gela. Indara suona appariscente da  ίνδαλλομαι - apparisco: si aperto il sito di Naro che scuopre il meriggio l'isola di Malta in fondo al Libico orizzonte ed il monte Erice ad occidente ed Etna ad oriente. Inico da ίνεω - essere vuoto, cioè vacante, riferito alle interne cavità del monte, che si diramano per l'interno del monte.
     Per la cronaca: nel 1928 nella contrada San Gaetano, poco lontano dall'abitato, ad ovest dell'attuale Naro, in una grotta interrata, si scoprì una grande quantità di vasi siculi, di varie dimensioni e forma, sagomati a mano (sec. VII a. C.), come riferisce il Pitruzzella : .......alcuni sono graffiati, altri dipinti con succhi d'erba. Due erano ancora crudi, segno evidente che in detta località esisteva una fabbrica di stoviglie, i cui prodotti dovevano essere largamente diffusi fra i Sicelioti, la quale doveva essere certo in un luogo abitato (Indara/Inico ) o per lo meno vicino ad esso . Ed ancora: Nel 1930, in occasione della sistemazione del piazzale San Calogero, si rinvenne un grande vaso a bacino di creta indurita al sole, con dentro dei frammenti di ossa, andato distrutto in parte per imperizia degli scopritori ed un lekythos (VII  a. C.) istoriato con tre figure muliebri rappresentanti una danza di baccanti, la danzatrice centrale mostrava una veste di pantera, segno delle Meneadi.
     In ultimo, nel 1985 durante i lavori di scavo per una  tomba nel cimitero comunale, sono stati rinvenuti occasionalmente un lekythos a f.re del VI-V sec. a. C., una coppetta acroma minioturistica, alcuni frammenti di due piccoli vasi acromi e resti di uno scheletro, forse femminile. Detti reperti sono stati consegnati alla Soprintendenza di Agrigento, con nota prot. n. 5395 dell'11.07.85.
     C) Altra ipotesi leggendaria, ma suffragata da alcune fonti, è quella che ritiene essere stata in Naro l'antico "AGRAGAS JONICUM" (680 a.C.), colonia (e) della greca Gela, otto anni dopo la sua fondazione (688 a.C.) e cento anni innanzi Agrigento (AGRAGAS DORICUM 580 a.C.) (f).Tale ipotesi è sostenuta da Domenico Mario Negro (Geografia, f. 612 ), rifacendosi ad Apollodoro ed Eforo, e da P. Giovanni Paolo Chiarandà della Compagnia di Gesù (Piazza, libro 1, cap. VIII, f. 72): ....Naro è nell'altezza situata del monte Agragante, quando fu aumentata da una colonia di greci dell'antica Gela, otto anni dopo la sua fondazione e cento anni innanzi la fondazione di Girgenti. Ed ancora da P. Massa della Compagnia di Gesù (Delle città esistenti in Sicilia, f. 248), sulla scorta di Diodoro Siculo e Cluverio: Agragas urbs, quam deinde Agrigentum Jonicum ab Jonis conditum, modo Naro ab junioribus dicitur, quam Gelani incoluerunt. - La città di Agragante ampliata dagli Ioni, prese il nome di Agragante Jonico, ora quello che i Gelani abitarono è chiamato Naro dalle recenti generazioni. E da Tucidide d'Alicarnasso: Vi è un monte della Sicilia non lontano da Gela cinto di mura, che ha sulla cima una città fortificata ed un castello, dello stesso nome Agragante, una volta con altro nome chiamato Agragante Jonico, oggi Naro, gli antichi (abitanti) usarono (ebbero la consuetudine) di allevare ottimi cavalli e di là mandarli in Grecia per le gare-Est quoque mons Siciliae, haud longe a Gela muro cinctus, habens in summitate oppidum et castrum, eiusdem nomine Agragantis, alio nomine olim Agrigentum Jonicum, hodie Narus, veteres apud eum optimos equos alere et exinde in Graeciam ad agones trasmittere consueverunt.
     Rimanendo nel rigore della storia, è certo comunque che le origini della Città precedono l'onda della penetrazione fenicia e greca  e, naturalmente, l'occupazione romana.
     D) L'ipotesi più probabile ed accettata da molti senza contrasti, sostenuta da Filippo Cluverio, P. Carlo Piazza, Domenico Lo Faso Pietrasanta, De Burigny ed Ernesto De Miro, è quella che vuole essere stato in Naro il Castello di Mothyum o Μόtуον (foto 1), di cui parla Diodoro Siculo (Libro XIII par. 57), assalito e preso a tradimento da Ducezio di Nicea (odierna Noto), re dei Siculi, nel 452 a.C.  e riconquistato dagli Agrigentini l'anno dopo (451 a.C.). Mothyum era una fortezza posta in cima al colle e custodita da un presidio agrigentino, tra quelle volute da Falaride, tiranno di Agrigento (570-555 a.C.)(g) a presidio del suo vasto territorio, situata lungo il tragitto Agrigento-Gela, mentre la città continuò a chiamarsi Akragas Jonicum fino al tempo del tiranno Fintia (276  a.C.), che volle che tutto il sito fosse chiamato Mothyum, come il Castello. Ciò è avvalorato anche dalle innumerevoli monete trovate del periodo greco e da vario materiale archeologico dell'epoca, (foto 2, 3, 4, 5).
      E) Secondo Vito Amico, invece, Naro farebbe derivare la sua origine dai Fenici (h) ed il suo toponimo dal fenicio "NAHAR", che vuol dire "fiamma",  poiché dicono essere stata in quel colle una vedetta, donde per mezzo di fiamme "ammonivasi" le genti d'intorno a guardarsi dalle insidie dei nemici. Naro, infatti, nel 406 a.C. entra a far parte del dominio punico, prova ne sia il gran numero di monete rinvenute nel territorio, che portano nel diritto l'insegna del "cavallo e della palma", simbolo di Cartagine, (foto 6 e 7). Naro, pertanto, faceva parte di una rete di collegamento di vedette, che andava da Licata a Selinunte. Da notare che, per la prima volta, Naro assume il ruolo di punto di collegamento strategico, ruolo che mantenne fino al XVII secolo.
    F) Altri ancora, la vogliono identificare con l'antica Κράστος. Sappiamo da Erodoto (V,49) e da Filisto(fram.43) (i) che dopo aver fondato Eraclea Minoa, lo spartano Dorieo, fondò Κράστος , famosa nell'antichità per il culto di Minerva Crastia (Erodoto V,49) e per la bellezza delle sue donne. Erano dagli antichi, a dire di Stefano, esaltate le forme singolari delle donne crastie.
     Secondo la tradizione, ancora oggi si dice: cu voli pira buoni va a lu Siritinu, cu voli fimmini beddri acchiana a Naru - A Naru, a Naru su li picciotte beddri, a Campubbieddru li torci accisi, a Rivinusa li calannireddri, a la Delia li quattru assignurati, a Summatinu li vurpi affumati, a Canicattì li rosi spampinati.
     Ma tali ipotesi non troverebbe più molto credito, poiché recentemente per opera del barone Ugo Antonio Bella, appassionato studioso di storia ed archeologia, è stato scoperto un sito di notevolissimo valore storico-archeologico, in territorio di Naro, in contrada Gibbesi, a circa 450 m. s. m., dominante la vallata sulla destra del fiume Salso (l'antico Imera) sul versante orientale e meridionale della valle del fiume Gibbesi.
     Potrebbe trattarsi della Città di Crastos, a dire dello studioso, patria dell'etera  Taide e del comico Epicarmo.
     Nell'area emergono tracce di un tempio, incorporato in una cinta fortificata risalente alla metà del VI secolo a.C., resti di abitazioni (foto 8 e 9), di una strada intagliata nella pietra calcarea (foto 10), frammenti di ceramica risalenti alla prima facies dell'età del bronzo e della cultura di Thapsos. La Soprintendenza di Agrigento ha effettuato un sopralluogo con propri funzionari che hanno visionato la zona, prelevando dei reperti (j).
    Ma per saperne di più, bisogna attendere i risultati degli studi e della campagna di scavi che la Soprintendenza dovrà effettuare per risalire all'età e, forse, all'esatta denominazione del sito.
     Nella valle sottostante si notano mucchi di pietre con strane incisioni (foto 11, 12), resti di edifici (forse religiosi) di qualche sconosciuta civiltà (punica?).
     G) Ma l'ipotesi più suggestiva  resta quella che identifica Naro con Camico, nel sito del Castellaccio, detto poi di Camastra (v. pag. 47), la mitica Città costruita da Dedalo, il divino architetto del labirinto di Creta, per Cocalo, leggendario re dei Sicani. Gli storici antichi, fra cui Polieno, il Macedone, e Diodoro (libro V), affermano che Dedalo fuggendo da Creta giunse in Sicilia, dove venne accolto da Cocalo, regulus di Inico (che sorgeva nel sito dove oggi è Naro).
     Temendo Dedalo la persecuzione di Minosse e poiché Inico dava poco affidamento di sicurezza, fabbricò  per Cocalo una inespugnabile città, che chiamò Camico, dal fiume che le scorreva vicino, dove Cocalo trasportò la sua reggia ed i suoi tesori.
     A questa saldissima città costruita nel sasso, bastavano tre o quattro uomini armati per difenderla. È certo che Camico, come tutte le città sicane, era arroccata su una ripida altura e che nelle vicinanze scorreva un fiume. Altro dato certo è che la sua ubicazione era nel territorio dell'attuale provincia di Agrigento: ...αχραγαντίνην  έν τω~~ Καμιχω~ χαλουμενω~ πόλιν χατεσχενάσε.: ...nel tratto ora detto acragantino, nel sito appellato Camico, costruì una città (k). A questo punto Camico sorgeva vicino Acragante, separate l'una dall'altra da un fiume e, pertanto, poteva essere Naro, perché comprendeva tutte le condizioni, secondo alcuni studiosi (Raccuglia, Castelli, Riolo, Picone): situata su un monte mostra l'antichità delle sue origini per le grandi escavazioni, che vi si rinvengono e per le monete acragantine, che si raccolgono in gran copia nei suoi dintorni (foto 12 e 13).
     Presa a tradimento (l), distrutta e rasa al suolo nel 256, dai Romani durante la 1 guerra punica, gli abitanti che scampano si rifugiano nella vicina Inico, alla quale alternarono il nome Inico o Indara in Naro o che così chiamarono a ricordo del maestro di Dedalo, che si chiamava NARO, come dice Pausania ( Periegesi ) e Diodoro Siculo ( libro 1, par. 30 ).
     Per gli storici moderni l'esatta collocazione topografica della Città è una verità storica ancora insoluta, dal momento che molte città rivendicano, ognuna per sé, tale denominazione: Sciacca (Monte Cronio), Sant'Angelo Muxaro, Sutera (Monte San Paolino). Camico, mito e leggenda della Sicilia, viene ricordata pochissimo nella storia :a) poco dopo l'anno 478 a.C. vi si rifugiarono Ippocrate e Capi, cugini di Terone, tiranno di Agrigento, per sfuggire alle persecuzioni dello stesso; b) nella prima guerra punica, quando fu distrutta dai romani, perché parteggiava per Cartagine; c) dal geografo Strabone  (64 a.C. - 21 p. C.), che la ricorda nella sua Geografia come città abbandonata. 
     H) È opinione diffusa, condivisa da Biagio Pace ed  Ignazio Scaturro, quella che vuole Naro, facente già parte della provincia romana, situata nella Valle del Paradiso, a sud dell'attuale abitato, lungo l'itinerario Antonino (m) "Agrigento-Filosofiana (Mazzarino)-Catania, come insediamento di carattere prediale, Massa Agricola e/o Statio, denominata "Corconia", tra Piazza e Girgenti, da cui distava 13 m. e 12 m. da Colloniana (a nord di Sommatino), dal nome o "prenomen" del veterano romano "Corconius", proprietario delle terre comprendenti anche il centro abitato. Massa o Statio che sia stata era un luogo di transito e di interessi commerciali, dove avveniva il cambio di cavalli, annessa alla quale si trovava una locanda, dove alloggiavano i funzionari romani, che viaggiavano per conto dello Stato.
     Altri latifondi (praedia) erano: Capitoniana (vicino Ramacca) Filosofiana (villa del Casale), Petiliana (Delia),  Calloniana (a nord di Sommatino) e Calvisiana (Licata-Gela-Niscemi).
     Ma se vogliamo prestare fede agli ipogei paleocristiani, a sud dell'attuale abitato, risalenti al I-IV sec. d. C., è evidente che le grotte sono d'antichissima età e preesistevano all'epoca cristiana, quando vennero adattate a catacombe (formati da corridoi con arcosoli e loculi).
     Se ne può dedurre, pertanto, che nei tempi remoti esisteva già un insediamento nel luogo, ove oggi è Naro, ignorandosi però l'epoca precisa e  la denominazione del sito.
      I) Ma l'opinione più diffusa (Agostino Inveges,Francesco Maurolico, Goffredo Malaterra (Cronista ufficiale del Conte Ruggero), Ibn-Gybayr, Abu-l-Feda, Abu-Dinar (storici musulmani) è quella che pone l'origine di Naro e del suo nome"NAR           (fuoco) e non da Nahr (fiume) all'epoca saracena:
     Narus nobile  oppidum tamen si origine et nomine Saracenicum,Tommaso Fazello. Narus originem et nomen habens à Saracenis, urbs est fulgens, Rocco Pirri.
     Naro fabbricata sull'altezza di un monte e prende sua origine dai Saraceni, che le appresero nome Nar -che secondo il loro idioma vuol dire fiamma (Nar-Urbs ignis-Fulgentissima), volendo con ciò alludere a quei segni che in tempo di guerra si facevano con fiaccole sulla vetta dei di lei monti, Francesco Maria Emanuele Gaetani,Marchese di Villabianca.
     È ciò è errato perché Naro all'epoca della conquista araba (Berberi) è già un fiorente casale, con un castello importantissimo, che formava uno dei centri di strategia con Sutera, Cammarata, Castronovo e Castrogiovanni e Butera (n).
     Nelle vicinanze di Naro esistevano altri casali o ville, di cui rimangono solo i nomi: Rahal Gibilaterras (del monte del tessitore...et casale Gibilaterras subtus Narum, cum  villanis suis - uno di questi tessitori di drappi preziosi era Iahria-ibn-Fateiian, che lavorava nel palazzo reale di Palermo), Rahal Carnici (delle terre della piana alberata), Rahal-Karrael (nel territorio del fiume Naro) (o) . 
     La dominazione araba durò fino a quando nel 1086 l'ultimo emiro di Naro, Al Qasim ibn-Hammùd (p), si arrese al Conte Ruggero, che dopo aver conquistato il 25 luglio Agrigento, con una manovra lampo espugna tutte le fortezze intorno Agrigento, comprese Naro, Ravanusa, Muculufa, Bifara e Licata (G. Malaterra, lib. IV, cap.V). La leggenda narra che il Conte fece uccidere tutti gli uomini validi.....ed ecco perché nei nostri territori esistono molte belle donne con gli occhi verdi o azzurri.
     E un centro così popoloso non si poteva formare "ex abrupto", tanto che Mario Arezio scrisse: Narus magnifica et populosa civitas, cuis nomen antiquitas nulla similitudine comparatur .- Naro, meravigliosa e popolosa città, il cui nome ed antichità è superiore ad ogni confronto. Ed ancora con grande onore veniva nominata dal Tasso, nella sua Gerusalemme conquistata, con l'antico nome di Naja: E con esse innalzar le insegne al vento, dalle ruine dell'antica Gela, dalle piagge di Naja (è il nome nobile che i poeti attribuiscono a Naro) e di Agrigento (q) .
     A ragion veduta, quindi,  Naro ed il suo territorio, profondamente inserito nella storia della Sicilia, è stata crocevia di popoli e di civiltà, la cui origine, confondendosi con il mito e la leggenda, si perde nella notte dei tempi.
     Naro, pertanto, ha avuto parecchi nomi nel corso dei millenni Agragante, Agragas Jonicum, Inico, Indara, Camico, Nahar,  Mothyum, Corconia, Nar o Naro che sia stata, non scompare mai dalla storia, solo diminuisce d'importanza, per poi ritornare "Aurea Fenice" a nuova vita, come il mitico uccello, che ogni volta risorge dalle ceneri del tempo, parafrasando Fra Salvatore, che intitola il suo manoscritto  L’aurea Fenice, che fu l'antichissima e la Fulgentissima Città di Naro, olim Agragante Ionica chiamata.(1731). Se ne può dedurre, facendo tesoro della felice intuizione del dott. G. Burgio (r), esperto cultore della Fulgentissima, che la collina (monte Agragante) di Naro, paragonabile alla collina  (Hissarlik) di Troia, racchiuda un Pagus, cioè un paese che è stato da sempre e continuamente abitato dall’uomo con insediamenti che si sono sovrapposti nel corso dei secoli.

a)             Con l'inizio dell'età del ferro, si cominciano ad avere notizie, anche se contrastanti, degli antichi abitanti dell'Isola. Tucidide d'Alicarnasso (460/400 a.C.) è la fonte che ci dà notizie delle popolazioni pregreche della Sicilia, mentre gli storici siracusani Antioco (400 a.C.) e Filisto (430/456) ci danno notizie degli antichi abitanti  dell'isola.

b)            B. Brea - La Sicilia prima dei greci - p. 34 e 59

c)             E. De Miro in atti...i centri storici minori, di B. Alessi 1984 op. cit.

d)             S. Cusa - I diplomi greci ed arabi in Sicilia, Palermo 1868, pag. 17;

e)             Formata da Rodesi e Cretesi;

f)               Tucidide - La guerra del Peloponneso, vol. II, lib.VI. par. 4;

g)             Andrea Massa, Della Sicilia in prospettiva, Palermo 1709, pag. 248;

h)             Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, voll.II, pag.182. Questo significato è stato avvalorato dallo stemma di Naro, che porta tre fiamme su tre monti: quello dov’è Naro, il castellaccio di Camastra ed il Caravello; Cfr. G. Pottino, Cartaginesi in Sicilia, Palermo 1976, pag. 54, 76, 77;

i)               Giornale La Sicilia del 4/08/2000 e Giornale di Sicilia del 30/09/2000;

j)               Filisto - Storia della Sicilia, in Fragmemta Graecorum Historicorum, Parigi 1841;

k)             Diodoro, IV, 78, op. cit.;

l)               Diodoro, XXIII, par.9 e 5, op. cit.;

m)           "Itinerarium Antonini", redatto sotto l'imperatore Caracalla (212/217 d.C.), ma aggiornato fino alla fine dell'impero di Costantino (335 d.C.) e la "tabula Peutingeriana", redatta un secolo dopo, chiamata così, perché ritrovata da Konrad Peutinger nei primi anni del 1500, come attesta P. Cluverio, Sicilia Antiqua, pp. 348, 349, 350;

n)             "Naro casale importante e grosso villaggio, ha mercati frequenti ed industrie attive: tienivisi anco una fiera a giorno fisso. Ha di più dè campi da seminare non interrotti e dè colti in gran copia"-Al Edrisi - Il libro di Re Ruggero - vol. I, p.97;

o)             Esiste nel nostro territorio una contrada che prende il nome dall’Emiro Ibn-Hamud, in siciliano Cammuto. Il conte Ruggero dopo l’istituzione della Diocesi di Agrigento nomina Vescovo Gerlando, cui nel 1093 assegna il Casale Cammuto, con cento villani saraceni. È questa una storica testimonianza di quanto sopra detto. Inizia, così, in Sicilia il sistema feudale;

p)             a li vintichincu di li misi di jugnettu, cfr. Fra Simuni da Lentini, la conquista della Sicilia, a cura di C. Rossi-Taibbi, Palermo 1960, pag.116.

q)             T. Tasso, Gerusalemme conquistata, primo canto, st.69.

r)              Vedasi relazione del dott. Giuseppe Burgio, da “Conferenza sul tema: Naro, 4000 anni di storia. Quale storia”. Naro 5 maggio 1996.

 

 

 


Foto 1 - La Sicilia di F. Cluverio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Foto 2 - Moneta d'oro Agrigentina
Collezione privata barone U. A. Bella


Foto 3 -Retro


Foto 4- Moneta Agrigentina


Foto 5 -Retro


Foto 6 - Moneta Siculo-Punica


Foto 7 -Retro

 

 

 


Foto 8


Foto 9 - Il barone Ugo A. Bella e l'avv. Salvatore M. Mirisola sul sito di Crastos


Foto 10


Foto 11


Foto 12

 

 

 


Foto 12 bis - Moneta Agragantina
Collezione privata barone U. A. Bella


Foto 13 - Retro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Foto 13 bis - Da sinistra l'Autore e l'Assessore al turismo Angelo Gallo durante il sopralluogo al sito di Crastos

 

Omaggio a Naro

"Naro può essere una storia o una favola: storia o favola, resta sempre un incanto.
Se la conosci, riesci ad amarla. Dimenticarla sarà impossibile, per un senso di diverso che sensibilizza come in una sospensione di cose sognate.
Antico e nuovo, non ti sembra d'aver distacco: il passato è un'estensione del surreale nel tempo del tuo vivere - e ti immergi in un'atmosfera che non ti sembra estranea, ma familiare da sempre.
Non ti spinge curiosità: vaghi presente essenza di tutto: sei e ti trovi dove hai voluto essere chissà da quando senza rendertene conto: sei in quella natura che ti accoglie in una anamnesi di ritrovo.
E ripensi d'esserci stato, in ogni luogo, anche se è la prima volta che fisicamente ti ci sei portato.
Né incantesimo né miracolo: è così e non sai spiegartelo, perché tutto l'insieme ti affascina e ti ama.
Da qualsiasi parte tu vieni, senti nell'avvicinarti la nostalgia di un richiamo.
È l'aria stessa che ti sospinge, il cielo, una mestizia commossa e un'allegria tenera che ti plasma carezzevole lo spirito e il pensiero.
Un viaggio e un soggiorno, planante nel tempo di un arcano, leggero, calmo, suadente.
Naro è nostalgia di un richiamo".
Tito Cimino
(†20.02.1993)

 

 

Storia locale

Qui finisce il mito ed inizia la realtà storica. Naro posta vicino la costa e proiettata verso l'interno è da sempre stata luogo ideale per gli insediamenti umani e zona di scambi commerciali e culturali. Qui lo scorrere dei secoli ha lasciato tracce indelebili. Abitata fin dal neolitico, fu dapprima sede di popolazioni indigeni (Sicani), in seguito fu abitata dai Fenici e Cartaginesi, poi dai Greci ed in seguito dai Romani. Dopo il dominio romano, fu controllata dai Bizantini ed occupata dai Saraceni, per poi passare nelle mani dei Normanni, quindi occupata dagli Angioini, per poi passare sotto la signoria dei Chiaramonte, con cui conobbe un periodo di grande potenza militare e floridezza economica e, di seguito, degli Aragonesi ed, infine occupata dagli Spagnoli e dai Borboni.
A ragion veduta, quindi, il territorio di Naro e la sua storia, scolpita nelle pietre dei suoi monumenti, sono inseriti profondamente nella storia della Sicilia.
Terra di antiche tradizioni e di ospitalità, la Città di Naro vanta una storia millenaria fatta di lotte per la libertà e l'indipendenza, mantenuta con fierezza attraverso i secoli. Centro abitato di grossa consistenza durante il periodo arabo, con un castello, sede del potere politico ed una moschea, sede del potere religioso, annoverava grande importanza, militare ed economica nell'orbita agrigentina, durante la dominazione dei Berberi. Nel 1234 Federico II° di Svevia, Imperatore d'Occidente e Re di Sicilia, convocò in Messina un Generale Parlamento ed adornò Naro con il titolo di "Fulgentissima" e Le assegnò , quale Città Parlamentare, il XVII° posto del Braccio demaniale (a), che con il Braccio Baronale e quello ecclesiastico costituiva il Parlamento Siciliano, annoverandola fra le 23 Regie o Parlamenterie del regno di Sicilia. Da questo periodo intraprese un nuovo cammino di floridezza militare ed economica tale da poter battere monete raffiguranti nel diritto il capo coronato di Federico e nel rovescio la Civetta. Partecipò alla rivolta dei Vespri Siciliani, insorgendo il 3 Aprile 1282, quattro giorni dopo la rivolta di Palermo, quando era governatore Francesco Turpianò, che angariava la popolazione con inique gabelle. I Naritani attaccarono il castello, trucidarono tutti, governatore e soldati provenzali e per sfregio, li appesero per il collo, con le corde, fuori le mura, che guardano verso la vallata. Poi uccisero, in città, tutti i Francesi uomini, donne e bambini per estirpare anche il seme dei Francesi. (b)
Nel 1366 passa sotto la Signoria di Matteo Chiaramonte, la cui famiglia incise molto sulla storia della Sicilia e della città di Naro, per circa un secolo, rendendola fiorente, tanto da condividerne la gloria ed, anche, il destino avverso. Naro accresce sempre più la sua potenza con l'arrivo degli Aragonesi e del re Federico II d'Aragona, il quale fece costruire la torre maggiore del castello nella Ia metà del sec. XIV, periodo in cui il re Aragonese soggiornò a Naro. Della sua presenza abbiamo notizia nei Capitolati del regno, emanati a Naro il 9 marzo 1324.
Nel 1489 la cittadinanza ottenne da Ferdinando il Cattolico il privilegio di essere governata da ufficiali non stranieri: il Capitano, il Commissario ed il Procuratore dovevano appartenere alla nobiltà cittadina.
Il 10 giugno ottenne da Carlo V, per petizione presentata da Don Girolamo d'Andrea, nobile naritano, il privilegio di essere dichiarata e chiamata "CITTA'", poiché fino a quel tempo si chiamava Terra del Demanio di Naro, unitamente al "Mero e Misto impero", ossia il diritto di esercitare giustizia civile e penale da sé, privilegio di cui godeva, allora, solo Palermo e Messina. Nel 1615 nel Parlamento Generale tenutesi a Palermo, ottenne il privilegio di essere nominata Capo Comarca, cioè sede giudiziaria e finanziaria, avente giurisdizione sulle terre e città di Canicattì, Campobello di Licata, Ravanusa, Palma di Montechiaro, Camastra, Favara, Racalmuto, Grotte e Delia. Nel 1645 ottenne, altresì, il privilegio del "Bussolo Senatorio" e, cioè, i Giurati ed i Patrizi avevano il titolo di Senatori (S. P. Q. N.). Tale privilegio Le verrà confermato da Ferdinando III di Borbone, con diploma regale datato Palermo 10/10/1806 (foto 14).
Nel 600 l'aumento della popolazione (c) rese possibile ormai l'espansione della Città, che si verificò lungo le direzioni nord-ovest e sud-ovest, formando così nuovi quartieri, l'ultimo dei quali è il "Lazzaretto". È proprio in questo periodo che, grazie al mecenatismo della Chiesa, la città si arricchisce di notevoli organismi monumentali, alla cui costruzione hanno lavorato maestri ed artigiani di genio e di grande forza creativa.
Questo è un periodo importante dal punto di vista urbanistico ed architettonico. Gli aspetti che caratterizzano l'assetto della città sono: l'arrivo dei Gesuiti e la sistemazione dell'impianto di San Francesco, che determinano dal lato urbanistico l'incrociarsi dei due assi, via Dante e via Lucchesi, dall'altra determina la formazione di due poli, uno culturale (collegio dei Gesuiti) e l'altro socio-politico (il piano di San Francesco). Il Collegio degli studi si occupò dell'istruzione dei giovani di Naro, mentre il piano di San Francesco rappresenta il centro dove i nobili della città si ritrovavano. Più avanti il Convento dei Francescani diventa Municipio (1800). Nel 700 Naro vede ancora accrescere il suo patrimonio edilizio. Fra gli elementi di spicco vi è la costruzione della Scalinata del Duomo. Fra la fine del 700 e gli inizi dell'800, si procede all'abbattimento delle mura. Nello stesso periodo si arricchisce di numerosi palazzi signorili. Si realizzano opere pubbliche di grande importanza come il Cimitero e la rete fognante. La condotta dell'acqua si ha nel 1911/13 e l'illuminazione nel 1924-28. La Città incomincia ad assumere la forma attuale a fuso allungato. Ma a seguito del Congresso di Vienna del 1812, quando fu costituito il Regno delle Due Sicilie, sotto Ferdinando IV di Borbone, si procedette nel 1817 ad una riforma dell'Amministrazione civile e, pertanto, la Sicilia, sino ad allora divisa in tre Valli (Mazzara, Demone e Noto), venne riportata in sette intendenze, da cui dipendevano i Comuni. Naro, quindi, divenne Comune dell'Intendenza di "Girgenti". Perdeva, pertanto, la sua prerogativa di Città Parlamentare e cessava di essere Capo Comarca, per entrare nel modesto ruolo di Città di provincia. E Naro, orgogliosa e fiera, tale da meritare il titolo di "Fulgentissima", continua a mostrare, dall'alto del suo monte, le vestigia di questo glorioso passato, per le strade e le piazze, sfidando i secoli per continuare a testimoniare il loro messaggio di civiltà e di storia. Un insieme di monumenti e d'opere d'arte che, anche se non eccezionali, tuttavia meritano, unitamente allo splendido paesaggio, di essere conosciuti e conservati.
a) Fra Saverio Cappuccino, op.cit.
b) Primo esempio di liberazione dato al mondo rimasto leggendario, tanto che "fare il Vespro", volle significare liberarsi dai tiranni e dagli stranieri.
c) nel 1153 era un casale molto popoloso, ne parla Edrisi in B.S.A., 1277 (4993 abit.), 1366/76 (4189 abit.), 1434/43 (6464 abit.), 1490 (era già città demaniale retta da un capitano, ASPA, Real Cancelleria, vol. 142 c 499), 1505 (7105 abit.), 1548 (7765 abit.) 1595 (4725 abit.e 1496 case), 1623 (6428 abit.) 1636 (8257 abit.), 1651 (si enumeravano 1978 case e 7973 abit.), 1681 (7340 nel 1652 si enumerarono 1978 case e 7973 abit.), 1681 (7340 abit.), 1713 (1978 case e 7886 anime), 1741 (8061 abit.), 1748 (9386 abit.), 1798 (10793 abit.), 1831 (10739 abit.), 1852 (10.231 abit.) con un territorio di salme 8272,164.

 


Foto 14 - Doploma con firma autografa di Ferdinando III di Borbone

 

 



Foto 15 - La Sicilia divisa in Valli

 

Serra di Furore

È un centro preistorico di grande interesse archeologico, situato a Sud-Est del centro abitato, sulla SS. 576 per Agrigento.
È alta m. 473,8, lunga circa Km 1, con una larghezza massima di 100 metri. La presenza dell'uomo ci viene testimoniata da tracce di basamenti di capanne e da grotte troglodite disseminate sul costone roccioso.
Quel che è certo che il sito fu abitato fin da epoca remotissima da popoli pre-Siculi, forse i Pelasgi, il cui nome significa popoli antichi, cioè Sicani. I Pelasgi, mitico popolo neolitico che si fa risalire al IV millennio a.C., conosciuto nell'Iliade come alleato dei Troiani e come proveniente dalla Tessaglia, dove aveva avuto stanza prima che vi giungessero i Greci.
I Pelasgi dunque, come dice il Giannelli, erano riguardati come i rappresentanti della popolazione anteriore alla venuta dei Greci nelle varie zone dell'isola (Attica, Arcadia), nelle quali i Greci si consideravano autoctoni.
La loro scomparsa totale dalla Grecia veniva spiegata con l'ipotesi di una loro migrazione in Italia, dove sarebbero stati i progenitori di molti di quei popoli barbari, come viene testimoniato da numerosissime tombe a forno, tipica sepoltura sicana e dal ritrovamento casuale e non, di monete di epoche diverse e di vasi di varia forma e dimensioni sagomate a mano del secolo VII a. C. Quel che è certo che questi rinvenimenti, secondo numerosi studiosi fra cui Paolo Orsi, Paolo Castelli e Salvatore Pitruzzella, dimostrano che il territorio di Naro (Furore e Savoia, Caravello, Ragamè, Dainomeli, Cignana e Castellaccio, ora in territorio del comune di Camastra) era abitato fin dal periodo neolitico e dalla prima età del bronzo e, pertanto, si inserisce nel vasto movimento di civiltà che investi la Sicilia con la scoperta dei metalli.
Furore, pertanto, è una zona di vasto interesse che può ancora rivelare molti anelli mancanti di congiunzione tra i trogloditi e i sicani, questo mitico popolo che viveva arroccato sulle alture.
Queste caratteristiche tombe a forno, che ancora oggi vengono scavate da mano ignota, le spelonche poste in luoghi scoscesi, l'insieme del costone, chissà quali segreti archeologici possono ancora riservarci.
Quale mistero si nasconde nel "Campanaro", posto nella parte più alta del costone , dal quale lo sguardo può arrivare fino al mare ed oltre e dominare verso l'interno. È molto suggestivo arrampicarsi lungo il sentiero della grande scala ed incontrare le caratteristiche grotticelle a forno, a sepoltura singola (foto 16) oppure doppia (foto 17) e cosi, salendo, fino ad arrivare alla cima del costone che si presenta alquanto piatto, come a schiena d'asino.
E, cosi, andare avanti fino al campanaro (foto n. 18), una roccia dalla forma molto bizzarra posta sulla parte più alta del costone.
Chissà quale tribù o popolo si sarà adunato nella radura antistante! Quale segreto racchiude quel pozzo posto all'interno della grotta sottostante.
Antiche pietre che raccontano di un passato tra i più carichi di fascino e di mistero. Racconti di un nobile cavaliere che tentò di carpire i segreti della magia nera e i tesori della montagna (c).
Quale guerriero è stato sepolto nella grotticella posta nella parete scoscesa sotto il campanaro? Tornando indietro ai piedi del costone, si sale per la scala "piccola", in parte ancora visibile, intagliata nella roccia, per arrivare ad un altro complesso tombale (foto 19) ed ad una vasta spelonca quasi inaccessibile e cosi arrivare fino al "castelletto". Fin qui le tombe e le spelonche preistoriche che bisognerebbe studiare, conservare e far conoscere meglio.
Ai piedi del costone, lungo il bordo della SS. 576 si arriva alla grotta del "porcaro", (foto 20) una tomba ancora in buono stato di conservazione, perché probabilmente sarà servita come rifugio di fortuna per uomini ed animali anche in epoca recente.
Un'altra tomba, sempre nelle vicinanze non è più visitabile, in quanto è stata riempita di sterpaglie e detriti.
Tutto ciò, però, non esaurisce la conoscenza di Furore, ma certamente fa rilevare che tutta l'aria è una zona archeologica importante, vasta, ricca di testimonianze e che merita di essere esplorata scientificamente.
a) trattato di storia greca, pag. 41;
b) Dice il Cavallari: queste sono tutte antiche abitazioni, chi ha visto le vaste stanze incavate nelle grotte di Ragamè ed altre simili può affermare che esse servirono ad uso di popoli di origine diversa. Anche quelle esistenti nel colle Caravello sono importanti, perché scavate in epoche diverse, alcune, dal taglio rozzo a schegge e dal vano informe, sono collocabili nel paleolitico, altre, ben levigate e proporzionate sono attribuibili al neolitico. Quel che è certo che tutte quelle caverne preesistenti servirono da abitazioni alle popolazioni anteriori alla colonizzazione Greca: i Sicani. Cfr. Le opere di escavazioni in Sicilia anteriori ai Greci -
c) Cfr. La leggenda della campana dei sette anni, di S. Pitruzzella, op. cit. pp.44/71, volendo interpetrare la leggenda di Furore, riporta un brano del manoscritto di Paolo Castelli Storia di Naro: ...nelle terre di Furore ad un miglio distante da una sorgente sulfurea, nella località dello Stretto, (foto 21) vi è una lapide (foto 22) scolpita su una pietra inaccessibile con carattere corroso, che per tradizione si dice esservi un gran tesoro nascosto.

 


Foto 16


Foto 17


Foto 18


Foto 19

 

 



Foto 20 - Catacomba


Foto 21 - Lo Stretto


Foto 22 - Particolare

 

 

Il Castellaccio

Antichissime vestigia di un'antica e misteriosa città dalle mura ciclopiche, che forse stanno a significare, secondo alcuni studiosi, la sua edificazione da parte dei giganti, mentre altri (Fazello, Picone, Riolo, Raccuglia) amano identificarla con Camico, la leggendaria città, capitale del regno di Cocalo, il mitico re dei Sicani, edificata (1240 a. C. circa) da Dedalo, il grande architetto del labirinto di Creta.
Chi salendovi crede che sia tutta scoscesa la parte superiore, si sbaglia perché alla vista si presenta un bellissimo altopiano quadrilungo, da cui si gode una incantevole vista.
L'ubicazione di queste rovine è sorretta dalle testimonianze di alcuni storici: ad ortum solis.....imminet quae ab exteriori parte voragine circumdatur.....(Polibio)-La parte che guarda a nord, è circondata da profondi burroni che bastano a rendere inespugnabile la città.
Ed ancora Diodoro Siculo:a questa saldissima città costruita nel sasso e con ingresso stretto e tortuoso bastavano 3 o 4 uomini a difenderla da qualunque invasione nemica , (foto 23 e 24)
Si possono ancora notare le vestigia di un'antica scala che dovette servire di accesso alla città.
La configurazione topografica dei luoghi, pertanto, risponde a quella tramandata da Polibio nel libro VIII delle sue "Storie", da Diodoro Siculo nella sua "Biblioteca storica", da Strabone nella sua "Geografia", soprattutto in relazione all'altitudine ed alla località situata nelle vicinanze di Agrigento.
Ed, inoltre, nelle vicinanze del luogo scorreva un fiume (Naro o Hypsa) (a) dal percorso analogo a quello del fiume Camico, che allora era navigabile e che diede nome alla città :.....secundum Inicum urbem Sicaniae decurrit....-...scorre verso Inico, città Sicana...(Vibio Sequestre.IV-V a.C.).
Si potrebbe dire, con qualche motivo in più rispetto ad altre città che rivendicano tale denominazione, che tali ruderi appartengono alla mitica Camico.
Potrebbe essere un'idea plausibile, anche se resta sempre difficile posizionarla con esattezza, sia perché l'area in cui sorge era abitata fin dall'antichità, (foto 25/25 bis), sia perché i ruderi (b) lasciano intravedere i segni di un sito militarmente munito ed abitato, risalente a molti secoli prima di Cristo.
Quel che è certo che il sito comprende resti archeologici, che rappresentano alcune sequenze di una civiltà sconosciuta della storia millenaria della Città di Naro.
a) V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, tradotto dal latino da G. Di Marzo, Palermo 1876, pag. 31.
b) Alcuni secoli fa, si potevano ancora ammirare grandi lastroni levigati e colonne intere. Purtroppo nei tempi passati, molto di quel materiale venne adoperato per la costruzione di chiese e conventi di Naro. Da una di quelle gigantesche lastre di pietra venne intagliata la grande Croce, alta mt.4 e larga mt.3 posta nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria di Gesù, per opera di Frà Girolamo da Naro. (cfr. Fra Saverio op. cit.)

 


Foto 23


Foto 24


Foto 25 - Abitazione preistorica - particolare


Foto 25 bis - Abitazione preistorica - particolare

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