Naro in “Kermesse” di Sciascia

"Ho l’impressione che la mia nascita sia alquanto posteriore alla mia residenza qui. Risiedevo già qui, e poi vi sono nato."

E’ una frase di J.L.Borges, presa da Leonardo Sciascia e riportata nel frontespizio di “Kermesse”, un’opera edita da Sellerio nel 1982, la quale è frutto dell’amore “al luogo in cui si è nati, alle persone, alle cose, alle parole di cui la nostra vita, nell’infanzia, nell’adolescenza, si è intrisa”.

Dal punto di vista della materia trattata, “Kermesse” assomiglia un po’ a “Museo d’ombre” di Gesualdo Bufalino.

Quest’ultima è, però, più elaborata, più sistematica. L’opera di Sciascia per converso, è assai semplice, quasi fosse stata scritta di getto in particolari momenti e rimessa insieme così come scritta in origine.

Dell’opera di Sciascia riportiamo la voce “Narisi”. Inoltre, il nostro commento…

 

LA VOCE “NARISI”

Narisi. Di Naro, grosso comune in Provincia di Agrigento: distante da Racalmuto circa venticinque chilometri ma molto frequentato dai racalmutesi e perché andavano a vendervi il sale (e infatti a Naro i racalmutesi sono semplicemente chiamati “salinari”) e perché ogni anno molti vi si recavano (e vi si recano) in pellegrinaggio per rendere omaggio a un miracolisissimo santo cui i naresi dedicano un fanatico culto.

Nero di volto e di veste, bianca la lunga barba, un lungo bastone in mano, San Calogero Eremita è considerato in tutta la provincia il Santo che sa meglio intercedere per la guarigione delle ernie. L’altro San Calogero venerato ad Agrigento, e ancor meno quello venerato a Sciacca, nessuno che non sia di Agrigento o di Sciacca li prende sul serio: Si dice: “San Caloriu di Girgenti / fa li grazi e si nni penti / San Caloriu di Naru / fa li grazi a cantaru ” (San Calogero di Agrigento / fa le grazie e se ne pente, / San Calogero di Naro / fa le grazie a quintali: con generosità, con abbondanza).

Su Naro e sui naresi ci sono a Racalmuto tre detti: Il primo riguarda la festa di San Calogero: “A Naru ca c’è la riebbrica” ( a Naro che c’è la replica). La “riebbrica” della festa: poiché il 18 giugno c’è la festa grande; otto giorni dopo, il 25, la replica. Ma più dimessa, senza l’accorrere dei devoti dai paesi vicini. La frase si usa dire ai bambini quando tornano a chiedere un dolce o la ripetizione di un gioco. Ai grandi quando, non soddisfatto il primo, ricorrono per un secondo prestito: di denaro, di utensili. Spesso abbreviata in “A Naru”, ed esclamativamente.

Il secondo detto è alquanto, per i naresi, offensivo: “aviri du porti comu li narisi”. Avere, cioè due porte come i naresi: poiché tale era, secondo i racalmutesi, la rilassatezza dei costumi a Naro, il libertinaggio in cui si viveva, che le case tutte venivano funzionalmente costruite con due porte: una da cui entra il marito ed una da cui esce – al rientro del marito – l’amante. Si dice di chi ha la moglie amante. Si dice di chi ha la moglie infedele e finge di non sapere; ma anche di chi ha doppiezza di carattere.

Il terzo, “a iddu ca è narisi” (letteralmente: a lui, poiché è Narese), vale: dategli addosso, picchiatelo; oppure: lo picchiarono tanto, in molti ingiustamente. Ricorda, mi è stato detto a Naro, un momento di rivalità, intorno al 1850, tra Naro e il vicino (e più grande, e più ricco) paese di Canicattì: e scoprire un Narese a Canicattì, era tutt’uno col caricarlo di botte.

Leonardo Sciascia

 

IL NOSTRO COMMENTO

Inorgoglisce un po’ rilevare che Leonardo Sciascia, scrivendo “Kermesse”, dedichi ampio spazio alla voce “Narisi”.
Sarà mero campanilismo, ma inorgoglisce davvero. E ancor di più inorgoglisce il detto – riportato da Sciascia – che propone il paragone tra San Calogero d’Agrigento e quello di Naro.
In verità gli agrigentini sono un po’ “cattivelli” e al detto riportato da Sciascia ne contrappongono un altro, secondo cui:
San Caloriu di Naru
fa miraculi pi dinaru,
San Caloriu di Girgenti
fa miraculi pi nenti.
Noi, comunque, sappiamo che il detto più noto, nei centri diversi da Naro ed Agrigento, è quello ricordato da Leonardo Sciascia.
Ma veniamo alla frase: “A Naru!….” (abbreviata ed esclamativamente). Sapevamo di questa frase in vigore nei paesi vicini e sapevano pure del senso affibbiato alla frase. Ma dell’origine d’essa abbiamo saputo solo dopo l’uscita presso Sellerio di “Kermesse”.
Per quanto riguarda,invece, il detto “aviri du porti comu li narisi”, ci trinceriamo dietro un no comment. E, se proprio qualcosa dobbiamo dirla, diremo che la frase sta ad indicare solo chi ha doppiezza di carattere. E’ stata la malignità degli abitanti di qualche centro vicino a dare a tale frase un senso diverso. Pare, infatti, che i naresi abbiano avuto quale caratteristica più la doppiezza di carattere che non l’infedeltà delle mogli.
Un no comment vero, comunque, lo mettiamo sopra il detto “a iddu ca è narisi”.
Vogliamo commentare, però, un altro detto, abbastanza noto (almeno tanto quanto gli altri descritti), al quale Sciascia non fa alcun accenno.
“Narisi: unu ogni paisi”, dice il detto cui ci riferiamo. E sta a significare che i naresi, quelli a denominazione d’origine controllata, sono onnipresenti. S’intende: onnipresenti con riferimento ai ” paisi” che,nei tempi in cui il detto cominciò a diffondersi, erano agevolmente raggiungibili e conosciuti. Il detto, in ogni caso, è a favore dei naresi. Vale a dimostrare che essi contano ( o contavano) e si sanno imporre (o si sapevano imporre). Infatti: se c’è un narese in ogni paese, vuol dire che il narese ha una dinamicità ed un’intraprendenza tale da muovere le cose conformemente al proverbio recitante “cu è fissa stà a sò casa”.
Da parte di alcuni, però, c’è stato il tentativo (più o meno riuscito) di rendere complesso il detto semplice “Narisi: unu ogni paisi”, aggiungendo ” unni un ‘ci nnè, miegliu è”.
Pare che, mossi da invidia e per cattiveria, siano stati limitrofi canicattinesi.
Chissà che anche questo non sia vero.

Pagina aggiornata il 22/03/2024

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