Situata in una posizione scenograficamente attraente, sul pendio di un colle ameno, a quota prossima ai 600 m. s. m., Naro è uno dei belvedere di Sicilia, di rara bellezza, che ne fa un centro alternativo alle località balneari, la cui veduta si estende fino all’Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata, naturalmente protetta, la hanno resa un luogo particolarmente ambito. Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda ed al mito.
Il suo vasto territorio presenta l’esistenza di insediamenti umani in epoca remotissima, riferibile al periodo neolitico (4.500/3.500 a.C.). Si può affermare, pertanto, che la preistoria di Naro, con distinti e documentati riferimenti, è datata già fin dal periodo di Stentinello (a) (tracce di basamenti di antiche capanne e numerose tombe a forno ed ad anticella in contrada Furore, Ragamé, Dainomeli, Siritino e Castellaccio), per poi continuare con l’età del bronzo (2.500/1.400 a.C.)(b) con la così detta cultura Castellucciana, tanto importante perché connessa al passaggio della cultura eneolitica a quella del bronzo e l’età del ferro (c) (1.400/1.300 a.C. in poi).
La sua storia, pertanto, è profondamente inserita nella storia della civiltà mediterranea, che ebbe in Sicilia la sua massima espressione. E, così, la sua origine millenaria ha dato origine, prima della sua storia, alla leggenda ed al mito, dando vita nel corso dei secoli a diverse ipotesi sulle sue origini:
A) Secondo la leggenda intorno ai primi abitatori dell’Isola, che sarebbero stati i Giganti (di cui parlano la Genesi, Omero. Tucidide, Giustino, Plinio, Strabone e, poi, gli storici siciliani Fazello, Caruso, Pancrazio, Valguarnera, P. Giovanni Chiarandà nella sua Piazza (libro 1, cap. 8), Mario Negro nella sua Geografia (cap. XV, p. 115), P. Massa nella sua Sicilia in prospettiva (parte 2, p. 248) e Carlo Ruca nel Virgilio Illustrato – Eneide (Libro terzo, p. 394, Agragas, urbis Ionia olim, in vertice rupis exstructa, hodie Naro dicitur.) ritengono essere stato Naro edificato dai Giganti dopo il diluvio universale, sul monte Agragante dal nome del loro capo, che aveva nome Agragante e che diede nome al monte ed al fiume.
Secondo un’altra antica leggenda siciliana, Giove che era adorato come divinità di montagna (Giove Etneo) unendosi con una oceanina, Asterope, ebbe un figlio chiamato Acrάgaς ed una figlia chiamata NARO (Ναίς =ninfa di fonte o di fiume o anche Nαρόn in greco scorrente-fiume)(d).
Tale suggestiva ipotesi viene avvalorata da Paolo Castelli (Storia di Naro) e da Fra Salvatore Cappuccino (La Fenice). Quest’ultimo rifacendosi all’archivio del Regio Ufficio Giuratorio, Foglio 1, riporta la notizia che nel Sec XV quando si doveva costruire il cappellone della chiesa madre, si rinvenne nelle fondamenta abbondanza di crani, cannelle, denti ed altre ossa gigantesche .
Lo stesso ci tramanda la testimonianza del dott. Francesco Barone: nel 1782 alcuni contadini nei dintorni del regio castello trovarono un teschio grande, da ricevere nella sua cavità un tumulo di grano e quella del sac. Gaspare Licata nel 1784 nella casina di don. Giuseppe Torricelli, feudo di Furore, territorio di Naro, si doveva fabbricare un magazzino e nel suolo fu trovato uno scheletro gigantesco, il cui cranio era capace di contenere mondelli 3 di frumento. Fin qui la leggenda e la tradizione. Ma, durante i recenti lavori di ristrutturazione del vecchio Duomo, un lavorante pare che abbia detto che erano state rinvenute e, poi spezzate, trasportate e buttate nella “carnara” del cimitero comunale: Testi ca parivanu palluna e gammi ca parivanu cosci di sceccu.
No comment!
SONETTO “A NARO”
Acragante sublime, il tuo bel vanto,
spiegan gli antri vetusti il sito ameno,
l’Esperiadi giardini e fertile terreno
danno lena sonora al mio bel canto.
L’antica fama tua, di pregio tanto,
che Roma il Naro tien nel suo seno
giunga alle stelle, al cielo e vola a pieno
che pur rimbomba nell’Empireo stato.
Prese il nome dal tuo fiume Acragante
Lìantico e rovinato Dorico famoso
dal nostro lume l’eroico Atlante.
Il tuo monte scoscese, è storioso
dal Ionico condottier il tuo gigante
del regno di Triquerca è il più fastoso.
di Anonimo Narese ( sec.XVII-XVIII )
B) Altra ipotesi, con notizie meno incerte, ma tuttavia ancora avvolte nelle nubi della favola, è quella che vuole Naro fondata dai Sicani con il nome di Indara, come ritiene Placido Palmeri, credendo che sia la stessa Inico, di cui fanno menzione Antioco, Pausania, Erodoto, Diodoro, Strabome e Stefano, città capitale del regno di Eubolo, principe dei Sicani, padre di Cocalo, non lontano dalla riva sinistra del fiume Hipsa (Naro), come dice Cluverio, tra Agrigento e Gela. Indara suona appariscente da ίνδαλλομαι – apparisco: si aperto il sito di Naro che scuopre il meriggio l’isola di Malta in fondo al Libico orizzonte ed il monte Erice ad occidente ed Etna ad oriente. Inico da ίνεω – essere vuoto, cioè vacante, riferito alle interne cavità del monte, che si diramano per l’interno del monte.
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Per la cronaca: nel 1928 nella contrada San Gaetano, poco lontano dall’abitato, ad ovest dell’attuale Naro, in una grotta interrata, si scoprì una grande quantità di vasi siculi, di varie dimensioni e forma, sagomati a mano (sec. VII a. C.), come riferisce il Pitruzzella : …….alcuni sono graffiati, altri dipinti con succhi d’erba. Due erano ancora crudi, segno evidente che in detta località esisteva una fabbrica di stoviglie, i cui prodotti dovevano essere largamente diffusi fra i Sicelioti, la quale doveva essere certo in un luogo abitato (Indara/Inico ) o per lo meno vicino ad esso . Ed ancora: Nel 1930, in occasione della sistemazione del piazzale San Calogero, si rinvenne un grande vaso a bacino di creta indurita al sole, con dentro dei frammenti di ossa, andato distrutto in parte per imperizia degli scopritori ed un lekythos (VII a. C.) istoriato con tre figure muliebri rappresentanti una danza di baccanti, la danzatrice centrale mostrava una veste di pantera, segno delle Meneadi.
In ultimo, nel 1985 durante i lavori di scavo per una tomba nel cimitero comunale, sono stati rinvenuti occasionalmente un lekythos a f.re del VI-V sec. a. C., una coppetta acroma minioturistica, alcuni frammenti di due piccoli vasi acromi e resti di uno scheletro, forse femminile. Detti reperti sono stati consegnati alla Soprintendenza di Agrigento, con nota prot. n. 5395 dell’11.07.85.
C) Altra ipotesi leggendaria, ma suffragata da alcune fonti, è quella che ritiene essere stata in Naro l’antico “AGRAGAS JONICUM” (680 a.C.), colonia (e) della greca Gela, otto anni dopo la sua fondazione (688 a.C.) e cento anni innanzi Agrigento (AGRAGAS DORICUM 580 a.C.) (f).Tale ipotesi è sostenuta da Domenico Mario Negro (Geografia, f. 612 ), rifacendosi ad Apollodoro ed Eforo, e da P. Giovanni Paolo Chiarandà della Compagnia di Gesù (Piazza, libro 1, cap. VIII, f. 72): ….Naro è nell’altezza situata del monte Agragante, quando fu aumentata da una colonia di greci dell’antica Gela, otto anni dopo la sua fondazione e cento anni innanzi la fondazione di Girgenti. Ed ancora da P. Massa della Compagnia di Gesù (Delle città esistenti in Sicilia, f. 248), sulla scorta di Diodoro Siculo e Cluverio: Agragas urbs, quam deinde Agrigentum Jonicum ab Jonis conditum, modo Naro ab junioribus dicitur, quam Gelani incoluerunt. – La città di Agragante ampliata dagli Ioni, prese il nome di Agragante Jonico, ora quello che i Gelani abitarono è chiamato Naro dalle recenti generazioni. E da Tucidide d’Alicarnasso: Vi è un monte della Sicilia non lontano da Gela cinto di mura, che ha sulla cima una città fortificata ed un castello, dello stesso nome Agragante, una volta con altro nome chiamato Agragante Jonico, oggi Naro, gli antichi (abitanti) usarono (ebbero la consuetudine) di allevare ottimi cavalli e di là mandarli in Grecia per le gare-Est quoque mons Siciliae, haud longe a Gela muro cinctus, habens in summitate oppidum et castrum, eiusdem nomine Agragantis, alio nomine olim Agrigentum Jonicum, hodie Narus, veteres apud eum optimos equos alere et exinde in Graeciam ad agones trasmittere consueverunt.
Rimanendo nel rigore della storia, è certo comunque che le origini della Città precedono l’onda della penetrazione fenicia e greca e, naturalmente, l’occupazione romana.
D) L’ipotesi più probabile ed accettata da molti senza contrasti, sostenuta da Filippo Cluverio, P. Carlo Piazza, Domenico Lo Faso Pietrasanta, De Burigny ed Ernesto De Miro, è quella che vuole essere stato in Naro il Castello di Mothyum o Μόtуον (foto 1), di cui parla Diodoro Siculo (Libro XIII par. 57), assalito e preso a tradimento da Ducezio di Nicea (odierna Noto), re dei Siculi, nel 452 a.C. e riconquistato dagli Agrigentini l’anno dopo (451 a.C.). Mothyum era una fortezza posta in cima al colle e custodita da un presidio agrigentino, tra quelle volute da Falaride, tiranno di Agrigento (570-555 a.C.)(g) a presidio del suo vasto territorio, situata lungo il tragitto Agrigento-Gela, mentre la città continuò a chiamarsi Akragas Jonicum fino al tempo del tiranno Fintia (276 a.C.), che volle che tutto il sito fosse chiamato Mothyum, come il Castello. Ciò è avvalorato anche dalle innumerevoli monete trovate del periodo greco e da vario materiale archeologico dell’epoca, (foto 2, 3, 4, 5).
E) Secondo Vito Amico, invece, Naro farebbe derivare la sua origine dai Fenici (h) ed il suo toponimo dal fenicio “NAHAR”, che vuol dire “fiamma”, poiché dicono essere stata in quel colle una vedetta, donde per mezzo di fiamme “ammonivasi” le genti d’intorno a guardarsi dalle insidie dei nemici. Naro, infatti, nel 406 a.C. entra a far parte del dominio punico, prova ne sia il gran numero di monete rinvenute nel territorio, che portano nel diritto l’insegna del “cavallo e della palma”, simbolo di Cartagine, (foto 6 e 7). Naro, pertanto, faceva parte di una rete di collegamento di vedette, che andava da Licata a Selinunte. Da notare che, per la prima volta, Naro assume il ruolo di punto di collegamento strategico, ruolo che mantenne fino al XVII secolo.
F) Altri ancora, la vogliono identificare con l’antica Κράστος. Sappiamo da Erodoto (V,49) e da Filisto(fram.43) (i) che dopo aver fondato Eraclea Minoa, lo spartano Dorieo, fondò Κράστος , famosa nell’antichità per il culto di Minerva Crastia (Erodoto V,49) e per la bellezza delle sue donne. Erano dagli antichi, a dire di Stefano, esaltate le forme singolari delle donne crastie.
Secondo la tradizione, ancora oggi si dice: cu voli pira buoni va a lu Siritinu, cu voli fimmini beddri acchiana a Naru – A Naru, a Naru su li picciotte beddri, a Campubbieddru li torci accisi, a Rivinusa li calannireddri, a la Delia li quattru assignurati, a Summatinu li vurpi affumati, a Canicattì li rosi spampinati.
Ma tali ipotesi non troverebbe più molto credito, poiché recentemente per opera del barone Ugo Antonio Bella, appassionato studioso di storia ed archeologia, è stato scoperto un sito di notevolissimo valore storico-archeologico, in territorio di Naro, in contrada Gibbesi, a circa 450 m. s. m., dominante la vallata sulla destra del fiume Salso (l’antico Imera) sul versante orientale e meridionale della valle del fiume Gibbesi.
Potrebbe trattarsi della Città di Crastos, a dire dello studioso, patria dell’etera Taide e del comico Epicarmo.
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Nell’area emergono tracce di un tempio, incorporato in una cinta fortificata risalente alla metà del VI secolo a.C., resti di abitazioni (foto 8 e 9), di una strada intagliata nella pietra calcarea (foto 10), frammenti di ceramica risalenti alla prima facies dell’età del bronzo e della cultura di Thapsos. La Soprintendenza di Agrigento ha effettuato un sopralluogo con propri funzionari che hanno visionato la zona, prelevando dei reperti (j). Ma per saperne di più, bisogna attendere i risultati degli studi e della campagna di scavi che la Soprintendenza dovrà effettuare per risalire all’età e, forse, all’esatta denominazione del sito. |
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Nella valle sottostante si notano mucchi di pietre con strane incisioni (foto 11, 12), resti di edifici (forse religiosi) di qualche sconosciuta civiltà (punica?).
G) Ma l’ipotesi più suggestiva resta quella che identifica Naro con Camico, nel sito del Castellaccio, detto poi di Camastra (v. pag. 47), la mitica Città costruita da Dedalo, il divino architetto del labirinto di Creta, per Cocalo, leggendario re dei Sicani. Gli storici antichi, fra cui Polieno, il Macedone, e Diodoro (libro V), affermano che Dedalo fuggendo da Creta giunse in Sicilia, dove venne accolto da Cocalo, regulus di Inico (che sorgeva nel sito dove oggi è Naro). |
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Temendo Dedalo la persecuzione di Minosse e poiché Inico dava poco affidamento di sicurezza, fabbricò per Cocalo una inespugnabile città, che chiamò Camico, dal fiume che le scorreva vicino, dove Cocalo trasportò la sua reggia ed i suoi tesori.
A questa saldissima città costruita nel sasso, bastavano tre o quattro uomini armati per difenderla. È certo che Camico, come tutte le città sicane, era arroccata su una ripida altura e che nelle vicinanze scorreva un fiume. Altro dato certo è che la sua ubicazione era nel territorio dell’attuale provincia di Agrigento: …αχραγαντίνην έν τω~~ Καμιχω~ χαλουμενω~ πόλιν χατεσχενάσε.: …nel tratto ora detto acragantino, nel sito appellato Camico, costruì una città (k). A questo punto Camico sorgeva vicino Acragante, separate l’una dall’altra da un fiume e, pertanto, poteva essere Naro, perché comprendeva tutte le condizioni, secondo alcuni studiosi (Raccuglia, Castelli, Riolo, Picone): situata su un monte mostra l’antichità delle sue origini per le grandi escavazioni, che vi si rinvengono e per le monete acragantine, che si raccolgono in gran copia nei suoi dintorni (foto 12 e 13). Presa a tradimento (l), distrutta e rasa al suolo nel 256, dai Romani durante la 1 guerra punica, gli abitanti che scampano si rifugiano nella vicina Inico, alla quale alternarono il nome Inico o Indara in Naro o che così chiamarono a ricordo del maestro di Dedalo, che si chiamava NARO, come dice Pausania ( Periegesi ) e Diodoro Siculo ( libro 1, par. 30 ). |
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Per gli storici moderni l’esatta collocazione topografica della Città è una verità storica ancora insoluta, dal momento che molte città rivendicano, ognuna per sé, tale denominazione: Sciacca (Monte Cronio), Sant’Angelo Muxaro, Sutera (Monte San Paolino). Camico, mito e leggenda della Sicilia, viene ricordata pochissimo nella storia :a) poco dopo l’anno 478 a.C. vi si rifugiarono Ippocrate e Capi, cugini di Terone, tiranno di Agrigento, per sfuggire alle persecuzioni dello stesso; b) nella prima guerra punica, quando fu distrutta dai romani, perché parteggiava per Cartagine; c) dal geografo Strabone (64 a.C. – 21 p. C.), che la ricorda nella sua Geografia come città abbandonata. |
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H) È opinione diffusa, condivisa da Biagio Pace ed Ignazio Scaturro, quella che vuole Naro, facente già parte della provincia romana, situata nella Valle del Paradiso, a sud dell’attuale abitato, lungo l’itinerario Antonino (m) “Agrigento-Filosofiana (Mazzarino)-Catania, come insediamento di carattere prediale, Massa Agricola e/o Statio, denominata “Corconia”, tra Piazza e Girgenti, da cui distava 13 m. e 12 m. da Colloniana (a nord di Sommatino), dal nome o “prenomen” del veterano romano “Corconius”, proprietario delle terre comprendenti anche il centro abitato. Massa o Statio che sia stata era un luogo di transito e di interessi commerciali, dove avveniva il cambio di cavalli, annessa alla quale si trovava una locanda, dove alloggiavano i funzionari romani, che viaggiavano per conto dello Stato.
Altri latifondi (praedia) erano: Capitoniana (vicino Ramacca) Filosofiana (villa del Casale), Petiliana (Delia), Calloniana (a nord di Sommatino) e Calvisiana (Licata-Gela-Niscemi). |
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Ma se vogliamo prestare fede agli ipogei paleocristiani, a sud dell’attuale abitato, risalenti al I-IV sec. d. C., è evidente che le grotte sono d’antichissima età e preesistevano all’epoca cristiana, quando vennero adattate a catacombe (formati da corridoi con arcosoli e loculi).
Se ne può dedurre, pertanto, che nei tempi remoti esisteva già un insediamento nel luogo, ove oggi è Naro, ignorandosi però l’epoca precisa e la denominazione del sito.
I) Ma l’opinione più diffusa (Agostino Inveges,Francesco Maurolico, Goffredo Malaterra (Cronista ufficiale del Conte Ruggero), Ibn-Gybayr, Abu-l-Feda, Abu-Dinar (storici musulmani) è quella che pone l’origine di Naro e del suo nome”NAR (fuoco) e non da Nahr (fiume) all’epoca saracena:
Narus nobile oppidum tamen si origine et nomine Saracenicum,Tommaso Fazello. Narus originem et nomen habens à Saracenis, urbs est fulgens, Rocco Pirri.
Naro fabbricata sull’altezza di un monte e prende sua origine dai Saraceni, che le appresero nome Nar -che secondo il loro idioma vuol dire fiamma (Nar-Urbs ignis-Fulgentissima), volendo con ciò alludere a quei segni che in tempo di guerra si facevano con fiaccole sulla vetta dei di lei monti, Francesco Maria Emanuele Gaetani,Marchese di Villabianca.
È ciò è errato perché Naro all’epoca della conquista araba (Berberi) è già un fiorente casale, con un castello importantissimo, che formava uno dei centri di strategia con Sutera, Cammarata, Castronovo e Castrogiovanni e Butera (n).
Nelle vicinanze di Naro esistevano altri casali o ville, di cui rimangono solo i nomi: Rahal Gibilaterras (del monte del tessitore…et casale Gibilaterras subtus Narum, cum villanis suis – uno di questi tessitori di drappi preziosi era Iahria-ibn-Fateiian, che lavorava nel palazzo reale di Palermo), Rahal Carnici (delle terre della piana alberata), Rahal-Karrael (nel territorio del fiume Naro) (o) .
La dominazione araba durò fino a quando nel 1086 l’ultimo emiro di Naro, Al Qasim ibn-Hammùd (p), si arrese al Conte Ruggero, che dopo aver conquistato il 25 luglio Agrigento, con una manovra lampo espugna tutte le fortezze intorno Agrigento, comprese Naro, Ravanusa, Muculufa, Bifara e Licata (G. Malaterra, lib. IV, cap.V). La leggenda narra che il Conte fece uccidere tutti gli uomini validi…..ed ecco perché nei nostri territori esistono molte belle donne con gli occhi verdi o azzurri.
E un centro così popoloso non si poteva formare “ex abrupto”, tanto che Mario Arezio scrisse: Narus magnifica et populosa civitas, cuis nomen antiquitas nulla similitudine comparatur .- Naro, meravigliosa e popolosa città, il cui nome ed antichità è superiore ad ogni confronto. Ed ancora con grande onore veniva nominata dal Tasso, nella sua Gerusalemme conquistata, con l’antico nome di Naja: E con esse innalzar le insegne al vento, dalle ruine dell’antica Gela, dalle piagge di Naja (è il nome nobile che i poeti attribuiscono a Naro) e di Agrigento (q) .
A ragion veduta, quindi, Naro ed il suo territorio, profondamente inserito nella storia della Sicilia, è stata crocevia di popoli e di civiltà, la cui origine, confondendosi con il mito e la leggenda, si perde nella notte dei tempi.
Naro, pertanto, ha avuto parecchi nomi nel corso dei millenni Agragante, Agragas Jonicum, Inico, Indara, Camico, Nahar, Mothyum, Corconia, Nar o Naro che sia stata, non scompare mai dalla storia, solo diminuisce d’importanza, per poi ritornare “Aurea Fenice” a nuova vita, come il mitico uccello, che ogni volta risorge dalle ceneri del tempo, parafrasando Fra Salvatore, che intitola il suo manoscritto L’aurea Fenice, che fu l’antichissima e la Fulgentissima Città di Naro, olim Agragante Ionica chiamata.(1731). Se ne può dedurre, facendo tesoro della felice intuizione del dott. G. Burgio (r), esperto cultore della Fulgentissima, che la collina (monte Agragante) di Naro, paragonabile alla collina (Hissarlik) di Troia, racchiuda un Pagus, cioè un paese che è stato da sempre e continuamente abitato dall’uomo con insediamenti che si sono sovrapposti nel corso dei secoli.
a) Con l’inizio dell’età del ferro, si cominciano ad avere notizie, anche se contrastanti, degli antichi abitanti dell’Isola. Tucidide d’Alicarnasso (460/400 a.C.) è la fonte che ci dà notizie delle popolazioni pregreche della Sicilia, mentre gli storici siracusani Antioco (400 a.C.) e Filisto (430/456) ci danno notizie degli antichi abitanti dell’isola.
b) B. Brea – La Sicilia prima dei greci – p. 34 e 59
c) E. De Miro in atti…i centri storici minori, di B. Alessi 1984 op. cit.
d) S. Cusa – I diplomi greci ed arabi in Sicilia, Palermo 1868, pag. 17;
e) Formata da Rodesi e Cretesi;
f) Tucidide – La guerra del Peloponneso, vol. II, lib.VI. par. 4;
g) Andrea Massa, Della Sicilia in prospettiva, Palermo 1709, pag. 248;
h) Vito Amico, Dizionario topografico della Sicilia, voll.II, pag.182. Questo significato è stato avvalorato dallo stemma di Naro, che porta tre fiamme su tre monti: quello dov’è Naro, il castellaccio di Camastra ed il Caravello; Cfr. G. Pottino, Cartaginesi in Sicilia, Palermo 1976, pag. 54, 76, 77;
i) Giornale La Sicilia del 4/08/2000 e Giornale di Sicilia del 30/09/2000;
j) Filisto – Storia della Sicilia, in Fragmemta Graecorum Historicorum, Parigi 1841;
k) Diodoro, IV, 78, op. cit.;
l) Diodoro, XXIII, par.9 e 5, op. cit.;
m) “Itinerarium Antonini”, redatto sotto l’imperatore Caracalla (212/217 d.C.), ma aggiornato fino alla fine dell’impero di Costantino (335 d.C.) e la “tabula Peutingeriana”, redatta un secolo dopo, chiamata così, perché ritrovata da Konrad Peutinger nei primi anni del 1500, come attesta P. Cluverio, Sicilia Antiqua, pp. 348, 349, 350;
n) “Naro casale importante e grosso villaggio, ha mercati frequenti ed industrie attive: tienivisi anco una fiera a giorno fisso. Ha di più dè campi da seminare non interrotti e dè colti in gran copia”-Al Edrisi – Il libro di Re Ruggero – vol. I, p.97;
o) Esiste nel nostro territorio una contrada che prende il nome dall’Emiro Ibn-Hamud, in siciliano Cammuto. Il conte Ruggero dopo l’istituzione della Diocesi di Agrigento nomina Vescovo Gerlando, cui nel 1093 assegna il Casale Cammuto, con cento villani saraceni. È questa una storica testimonianza di quanto sopra detto. Inizia, così, in Sicilia il sistema feudale;
p) a li vintichincu di li misi di jugnettu, cfr. Fra Simuni da Lentini, la conquista della Sicilia, a cura di C. Rossi-Taibbi, Palermo 1960, pag.116.
q) T. Tasso, Gerusalemme conquistata, primo canto, st.69.
r) Vedasi relazione del dott. Giuseppe Burgio, da “Conferenza sul tema: Naro, 4000 anni di storia. Quale storia”. Naro 5 maggio 1996.
Pagina aggiornata il 21/03/2024