Città di Naro

Sito internet ufficiale

Itinerario Archeologico

Quest’itinerario prevede la visita di:

  • Castellaccio, ossia ciò che rimane della Reggia di Cocalo
  • La contrada Furore
  • Il complesso catacombale paleocristiano situata in contrada Canale

La prima tappa

A circa due chilometri di distanza da Naro, vi è il Castellaccio. Questo luogo testimonia l’esistenza di un’antica fortezza edificata dai Sicani nel 1240 a.C. circa; alcuni storici reputano che si tratta di Camico la capitale del leggendario regno di Cocalo, re dei Sicani. Essa sorge su un altopiano quadrilungo che regala un panorama strabiliante.

Sono sopravissute all’intemperie del tempo: degli avanzi di mura ciclopiche, un’antica scala che forse conduceva alla porta della città e numerose grotte. Emblematico è la torre, che secondo alcune testimonianze, insieme alla torre sulla cima di Naro con quella che era situata sul colle Caravello, costituivano le cosiddette ‘tre torri’ rappresentate sullo stemma della città di Naro, anche se altri fonti credano che lo stemma rappresenta le torri presenti nella mira urbiche della città di Naro.

La seconda tappa

Altre testimonianze archeologiche risalenti all’età del rame e del bronzo si trovano nella cosiddetta Serra di Furore situata nell’omonima contrada (a sud-est di Naro, sulla SS. 576 per Agrigento). Secondo gli storici questo luogo fu abitato dai pre-Siculi, ossia un popolo forse denominato Pelasgi, provenienti probabilmente dalla Grecia. Qui, nelle rocce sono scavate delle tombe a forno a sepoltura singola o doppia.

La terza tappa

Suscita un grande interesse il complesso catacombale paleocristiano utilizzati tra il IV e il VI secolo d.C., situato in contrada Canale, conosciuta fino al 1875 (anno in cui Saverio Cavallari la chiamò col termine corretto di “catacomba cristiana”) come la Grotta delle Meraviglie. Essa consiste di quattro ipogei (A,B,C,D,). Essi hanno delle caratteristiche analoghe: un corridoio lungo circa 20 metri con unico ingresso a sud, preceduto da un dromos (specie di corridoio che funge d’accesso) a cielo aperto. Tra gli oggetti recuperati vi è una moneta di bronzo di Valentiniano II; vari frammenti di vasellame e cinque lucerne africane.

testo a cura di L. Universo