Città di Naro

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Cap. I: Leggenda

Mito e leggenda

Foto 1 - La Sicilia di F. CluverioSe in Sicilia la storia si sposa con la leggenda, a Naro è un matrimonio indissolubile.

Situata in una posizione scenograficamente attraente, sul pendio di un colle ameno, a quota prossima ai 600 m. s. m., Naro è uno dei belvedere di Sicilia, di rara bellezza, che ne fa un centro alternativo alle località balneari, la cui veduta si estende fino all'Etna, alle Madonie, al mare di Licata e Sciacca. La sua posizione elevata, naturalmente protetta, la hanno resa un luogo particolarmente ambito. Le sue origini millenarie hanno dato vita, nel corso dei secoli, alla leggenda ed al mito.

Il suo vasto territorio presenta l'esistenza di insediamenti umani in epoca remotissima, riferibile al periodo neolitico (4.500/3.500 a.C.). Si può affermare, pertanto, che la preistoria di Naro, con distinti e documentati riferimenti, è datata già fin dal periodo di Stentinello (a) (tracce di basamenti di antiche capanne e numerose tombe a forno ed ad anticella in contrada Furore, Ragamé, Dainomeli, Siritino e Castellaccio), per poi continuare con l'età del bronzo (2.500/1.400 a.C.)(b) con la così detta cultura Castellucciana, tanto importante perché connessa al passaggio della cultura eneolitica a quella del bronzo e l'età del ferro (c) (1.400/1.300 a.C. in poi).

La sua storia, pertanto, è profondamente inserita nella storia della civiltà mediterranea, che ebbe in Sicilia la sua massima espressione. E, così, la sua origine millenaria ha dato origine, prima della sua storia, alla leggenda ed al mito, dando vita nel corso dei secoli a diverse ipotesi sulle sue origini:

A) Secondo la leggenda intorno ai primi abitatori dell'Isola, che sarebbero stati i Giganti (di cui parlano la Genesi, Omero. Tucidide, Giustino, Plinio, Strabone e, poi, gli storici siciliani Fazello, Caruso, Pancrazio, Valguarnera, P. Giovanni Chiarandà nella sua Piazza (libro 1, cap. 8), Mario Negro nella sua Geografia (cap. XV, p. 115), P. Massa nella sua Sicilia in prospettiva (parte 2, p. 248) e Carlo Ruca nel Virgilio Illustrato - Eneide (Libro terzo, p. 394, Agragas, urbis Ionia olim, in vertice rupis exstructa, hodie Naro dicitur.) ritengono essere stato Naro edificato dai Giganti dopo il diluvio universale, sul monte Agragante dal nome del loro capo, che aveva nome Agragante e che diede nome al monte ed al fiume.

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Omaggio a Naro

"Naro può essere una storia o una favola: storia o favola, resta sempre un incanto.

Se la conosci, riesci ad amarla. Dimenticarla sarà impossibile, per un senso di diverso che sensibilizza come in una sospensione di cose sognate.

Antico e nuovo, non ti sembra d'aver distacco: il passato è un'estensione del surreale nel tempo del tuo vivere - e ti immergi in un'atmosfera che non ti sembra estranea, ma familiare da sempre.

Non ti spinge curiosità: vaghi presente essenza di tutto: sei e ti trovi dove hai voluto essere chissà da quando senza rendertene conto: sei in quella natura che ti accoglie in una anamnesi di ritrovo.

E ripensi d'esserci stato, in ogni luogo, anche se è la prima volta che fisicamente ti ci sei portato.

Né incantesimo né miracolo: è così e non sai spiegartelo, perché tutto l'insieme ti affascina e ti ama.

Da qualsiasi parte tu vieni, senti nell'avvicinarti la nostalgia di un richiamo.

È l'aria stessa che ti sospinge, il cielo, una mestizia commossa e un'allegria tenera che ti plasma carezzevole lo spirito e il pensiero.

Un viaggio e un soggiorno, planante nel tempo di un arcano, leggero, calmo, suadente.

Naro è nostalgia di un richiamo".

Tito Cimino (†20.02.1993)

Storia locale

Foto 14 - Doploma con firma autografa di Ferdinando III di BorboneQui finisce il mito ed inizia la realtà storica. Naro posta vicino la costa e proiettata verso l'interno è da sempre stata luogo ideale per gli insediamenti umani e zona di scambi commerciali e culturali. Qui lo scorrere dei secoli ha lasciato tracce indelebili. Abitata fin dal neolitico, fu dapprima sede di popolazioni indigeni (Sicani), in seguito fu abitata dai Fenici e Cartaginesi, poi dai Greci ed in seguito dai Romani. Dopo il dominio romano, fu controllata dai Bizantini ed occupata dai Saraceni, per poi passare nelle mani dei Normanni, quindi occupata dagli Angioini, per poi passare sotto la signoria dei Chiaramonte, con cui conobbe un periodo di grande potenza militare e floridezza economica e, di seguito, degli Aragonesi ed, infine occupata dagli Spagnoli e dai Borboni.

A ragion veduta, quindi, il territorio di Naro e la sua storia, scolpita nelle pietre dei suoi monumenti, sono inseriti profondamente nella storia della Sicilia.

Terra di antiche tradizioni e di ospitalità, la Città di Naro vanta una storia millenaria fatta di lotte per la libertà e l'indipendenza, mantenuta con fierezza attraverso i secoli. Centro abitato di grossa consistenza durante il periodo arabo, con un castello, sede del potere politico ed una moschea, sede del potere religioso, annoverava grande importanza, militare ed economica nell'orbita agrigentina, durante la dominazione dei Berberi. Nel 1234 Federico II° di Svevia, Imperatore d'Occidente e Re di Sicilia, convocò in Messina un Generale Parlamento ed adornò Naro con il titolo di "Fulgentissima" e Le assegnò , quale Città Parlamentare, il XVII° posto del Braccio demaniale (a), che con il Braccio Baronale e quello ecclesiastico costituiva il Parlamento Siciliano, annoverandola fra le 23 Regie o Parlamenterie del regno di Sicilia. Da questo periodo intraprese un nuovo cammino di floridezza militare ed economica tale da poter battere monete raffiguranti nel diritto il capo coronato di Federico e nel rovescio la Civetta. Partecipò alla rivolta dei Vespri Siciliani, insorgendo il 3 Aprile 1282, quattro giorni dopo la rivolta di Palermo, quando era governatore Francesco Turpianò, che angariava la popolazione con inique gabelle. I Naritani attaccarono il castello, trucidarono tutti, governatore e soldati provenzali e per sfregio, li appesero per il collo, con le corde, fuori le mura, che guardano verso la vallata. Poi uccisero, in città, tutti i Francesi uomini, donne e bambini per estirpare anche il seme dei Francesi. (b)

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Serra di Furore

È un centro preistorico di grande interesse archeologico, situato a Sud-Est del centro abitato, sulla SS. 576 per Agrigento.

È alta m. 473,8, lunga circa Km 1, con una larghezza massima di 100 metri. La presenza dell'uomo ci viene testimoniata da tracce di basamenti di capanne e da grotte troglodite disseminate sul costone roccioso.

Quel che è certo che il sito fu abitato fin da epoca remotissima da popoli pre-Siculi, forse i Pelasgi, il cui nome significa popoli antichi, cioè Sicani. I Pelasgi, mitico popolo neolitico che si fa risalire al IV millennio a.C., conosciuto nell'Iliade come alleato dei Troiani e come proveniente dalla Tessaglia, dove aveva avuto stanza prima che vi giungessero i Greci.

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I Pelasgi dunque, come dice il Giannelli, erano riguardati come i rappresentanti della popolazione anteriore alla venuta dei Greci nelle varie zone dell'isola (Attica, Arcadia), nelle quali i Greci si consideravano autoctoni.

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La loro scomparsa totale dalla Grecia veniva spiegata con l'ipotesi di una loro migrazione in Italia, dove sarebbero stati i progenitori di molti di quei popoli barbari, come viene testimoniato da numerosissime tombe a forno, tipica sepoltura sicana e dal ritrovamento casuale e non, di monete di epoche diverse e di vasi di varia forma e dimensioni sagomate a mano del secolo VII a. C. Quel che è certo che questi rinvenimenti, secondo numerosi studiosi fra cui Paolo Orsi, Paolo Castelli e Salvatore Pitruzzella, dimostrano che il territorio di Naro (Furore e Savoia, Caravello, Ragamè, Dainomeli, Cignana e Castellaccio, ora in territorio del comune di Camastra) era abitato fin dal periodo neolitico e dalla prima età del bronzo e, pertanto, si inserisce nel vasto movimento di civiltà che investi la Sicilia con la scoperta dei metalli.

Furore, pertanto, è una zona di vasto interesse che può ancora rivelare molti anelli mancanti di congiunzione tra i trogloditi e i sicani, questo mitico popolo che viveva arroccato sulle alture.

Queste caratteristiche tombe a forno, che ancora oggi vengono scavate da mano ignota, le spelonche poste in luoghi scoscesi, l'insieme del costone, chissà quali segreti archeologici possono ancora riservarci.

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Il Castellaccio

Foto 23Antichissime vestigia di un'antica e misteriosa città dalle mura ciclopiche, che forse stanno a significare, secondo alcuni studiosi, la sua edificazione da parte dei giganti, mentre altri (Fazello, Picone, Riolo, Raccuglia) amano identificarla con Camico, la leggendaria città, capitale del regno di Cocalo, il mitico re dei Sicani, edificata (1240 a. C. circa) da Dedalo, il grande architetto del labirinto di Creta.

Chi salendovi crede che sia tutta scoscesa la parte superiore, si sbaglia perché alla vista si presenta un bellissimo altopiano quadrilungo, da cui si gode una incantevole vista.

L'ubicazione di queste rovine è sorretta dalle testimonianze di alcuni storici: ad ortum solis.....imminet quae ab exteriori parte voragine circumdatur.....(Polibio)-La parte che guarda a nord, è circondata da profondi burroni che bastano a rendere inespugnabile la città.

Ed ancora Diodoro Siculo:a questa saldissima città costruita nel sasso e con ingresso stretto e tortuoso bastavano 3 o 4 uomini a difenderla da qualunque invasione nemica , (foto 23 e 24)

Si possono ancora notare le vestigia di un'antica scala che dovette servire di accesso alla città.

La configurazione topografica dei luoghi, pertanto, risponde a quella tramandata da Polibio nel libro VIII delle sue "Storie", da Diodoro Siculo nella sua "Biblioteca storica", da Strabone nella sua "Geografia", soprattutto in relazione all'altitudine ed alla località situata nelle vicinanze di Agrigento.

Ed, inoltre, nelle vicinanze del luogo scorreva un fiume (Naro o Hypsa) (a) dal percorso analogo a quello del fiume Camico, che allora era navigabile e che diede nome alla città :.....secundum Inicum urbem Sicaniae decurrit....-...scorre verso Inico, città Sicana...(Vibio Sequestre.IV-V a.C.).

Si potrebbe dire, con qualche motivo in più rispetto ad altre città che rivendicano tale denominazione, che tali ruderi appartengono alla mitica Camico.

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