Città di Naro

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Cap. III: Tradizione

TRADIZIONE: Generalità

La Città di Naro, crocevia di popoli e di civiltà, la cui storia è inserita profondamente nel contesto storico della Sicilia, è un centro storico minore, ricco non solo di un pregevole patrimonio artistico, ma anche di tradizioni popolari, le cui radici affondano nel tessuto culturale dei suoi abitanti.

Costituisce ed ha sempre costituito, in ogni tempo, un richiamo ed un punto di riferimento di tutto ciò che è arte e cultura.

Ogni anno, infatti, Naro è protagonista di varie e molteplici iniziative culturali e ricreative, che La proiettano in un contesto provinciale, regionale ed, anche, nazionale che di conseguenza determinano un movimento turistico di varie migliaia di visitatori, richiamati anche dal singolare patrimonio storico e monumentale, testimonianza visiva del glorioso passato della Fulgentissima (a).

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FOLKLORISTICA: Primavera Narese

Foto 74 - Gianna Lo Coco Miss Primavera 1951La Sagra del Mandorlo fiorito nacque, promossa dal locale dopolavoro, come una forma di svago, per iniziativa di menti poetiche e fantasiose, a Naro ed ivi celebrata per la prima volta il 27 febbraio 1938, con il naturale e suggestivo scenario della Valle del Paradiso, candida di mandorli fioriti. (cfr. Giornale di Sicilia-3 Marzo 1938-Anno XVI del F.)(foto 71).

Da principio fu veramente una festa legata all'ambiente, cioè una Sagra che riecheggiava il mito di Proserpina, con il ricordo dei tempi pagani, quando si celebravano la vita, la morte e l'avvicendarsi delle stagioni.

Sfilavano così per le vie di Naro carretti ricolmi di fiori e belle donne in ricchi costumi, ballerini e suonatori di magarruna, di zufoli e di quartareddi, non solo di Naro, ma pure d'Aragona, Canicattì, Sciacca e di altri comuni della Provincia, con l'animazione, canora e strumentale, del poliedrico Sandro Giuliana Alaimo, appassionato cultore della Fulgentissima e dell'avv. Gero Rindone, (tenore lirico, poeta e compositore), della Sig.na Ida Tuttolomondo, insegnante dell'Istituto Immacolata Concezione, di Suor Gabriella Naselli, Superiora dell'Istituto, della nobile famiglia Naselli, principi d'Aragona (10-12-1879/31-10-1969), del Dott. Ignazio Burgio, delle sorelle Montalto (Assuntina, Rina ed Iole) e della Sig.ra Ornella Comparato in Contino, con l'intervento musicale della banda cittadina, diretta dal Maestro Angelo Zagra e del premiato quartetto a plettro, composto da Curto Rosario (mandolino), Rinaldi Angelo (Benjo), Marrix Giuseppe (violino) e Bonadonna Salvatore (chitarra)(foto 72), con la direzione del Maestro Ettore Zambuto, direttore tecnico provinciale dell'O.N.D. di Agrigento e tanti altri, come mostrano le foto ingiallite dell'epoca ed i ritagli dei giornali, che scrissero dell'evento.

Della singolare manifestazione l'Istituto Luce girò un breve documentario, anche su interessamento del nostro benemerito concittadino Dott. Alfonso Gaetani, conte d'Oriseo, allora Federale di Agrigento del Partito Nazionale Fascista (foto 73).

Chi avrebbe immaginato che la Manifestazione del Mandorlo fiorito avrebbe cambiato dopo il trasferimento ad Agrigento (foto 74/75), per volontà politica o per fattori logistici, con il passare degli anni il proprio aspetto di Sagra, cioè di Festa paesana, assurgendo a festa provinciale, che ha dato alla Manifestazione un'impronta prima nazionale e poi internazionale.

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RELIGIOSA: La Settimana Santa

Foto 76 Venerdì SantoI riti pasquali che vanno sotto il nome di Settimana Santa, vengono celebrati a Naro con una rappresentazione drammatica - religiosa molto commovente e particolarmente sentita.

Tale rappresentazione ha origini molto antiche e si rifà al Mortorio, opera drammatico - religiosa, ideata e rappresentata la prima volta l'11.03.1807 nel convento del Carmelo, ad opera del dott. Calogero Marchese con il titolo di Mortorio di Cristo, con molti personaggi, come attesta Fra Saverio.

In verità, una sacra rappresentazione di scene del nuovo ed antico testamento era già avvenuta nel 1759 per opera del dott. Paolo Castelli, insigne medico ed esperto archeologo (1726-1800) ed, ancora, con larga partecipazione di personaggi, la Domenica delle Palme nell'anno 1774.

Le caratteristiche rappresentazioni venivano riprese e portate in scena con successo negli anni 30' dai giovani della Piccola Filodrammatica Narese, nell'ex Teatro Comunale (costruito nel 1866 ed eliminato negli anni del dopoguerra), sito nei locali a piano terra del Palazzo Comunale, oggi sede della Biblioteca "Feliciana" ed in tanti paesi dell'Agrigentino.

Foto 77 - Via CrucisAncora oggi si ricordano i bravissimi attori che si sono esibiti negli anni 30': Pietro Gueli Alletti, Giuseppe Amico, Calogero Porcello, Giuseppe Camilleri, Gaetano Viccica, Calogero Viccica, Salvatore Morgana e Vincenzo Patronaggio (foto 76).

Ed ora questa felice tradizione rivive e continua, per interessamento degli attori dell'Associazione Culturale Calogero Gueli Alletti e del Teatro Popolare Città di Naro, con il Patrocinio dell'Amministrazione Comunale (foto 77 e 79).

Portano, infatti, in scene itineranti, con particolare grandiosità, le sacre rappresentazioni dei riti della Settimana Santa, con inizio la Domenica delle Palme per, poi, continuare tutta la settimana fino al Venerdì con la Via Crucis ed a scinnenza cruci, per concludersi, la Domenica di Pasqua, con A risuscita, quando si celebra A sguondru (foto 78) dei simulacri della Madonna e del Cristo risorto, tra due ali di folla plaudente ed in festa.

Festa di San Calogero

Foto 80 - Solenne processioneIl 18 giugno di ogni anno, devozione e folklore danno vita ai tradizionali festeggiamenti in onore di San Calogero, il Santo Nero, il cui culto attrae a Naro migliaia di devoti, spinti da una fede sincera.

Molto intricata è la questione dei Calogeri in Sicilia, alcuni la fanno risalire all'epoca bizantina (tra i secoli VII e VIII d.C.).

Calogero, infatti, in greco vuol dire bel vecchio. Il nostro Santo è stato uno di quei vecchi venerandi che, per sfuggire alle persecuzioni degli ariani bizantini dalle terre dell'impero d'oriente, si trasferirono in Sicilia, dove vissero una grama vita eremitica, venerati dalle popolazioni cristiane.

Ed essi, poiché, venuti dall'oriente, nella fantasia popolare, più tardi furono raffigurati con la faccia nera, anche perché la loro festa si celebrava nei mesi più caldi dell'anno. Secondo Daniel Papebrook (1743) e gli inni di Sergio di Fragalà, monaco vissuto nel IX secolo, il Santo di Naro sarebbe nato a Cartagine e sia approdato in Sicilia, insieme a Gregorio e Demetrio, per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali d'Africa (sec.V-VI). Secondo altre fonti, il Santo Nero nacque a Costantinopoli.

Grande è il campanilismo tra varie città siciliane, che rivendicano il culto del Santo. Ma i devoti considerano il culto principale quello della città di Naro, dove ogni anno converge una fiumana di gente.

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S. S. Cosma e Damiano

Foto 81 - S.S. Cosma e DamianoI cittadini di Naro sono molto legati a questa ricorrenza, che si celebra il 26-27 Settembre. La festa risale agli inizi del 700', al tempo di P. Prospero Favara,guardiano del convento di Sant'Agostino.

Era caratterizzata da una solenne processione dei simulacri dei due Santi gemelli, Cosma e Damiano, protettori dei barbieri, perché questi anticamente esercitavano anche l'arte medica, che partiva dalla chiesa di Sant'Agostino e da una importantissima fiera di animali ed attrezzi agricoli.

Secondo la testimonianza di Vito Amico, la fiera dei S.S. Cosma e Damiano, quella di San Iacopo (1622), che si teneva nel piano dei Gesuiti (nella piazzetta antistante la Chiesa Madre) e quella di San Calogero (dispaccio del tribunale del Real Patrimonio nell'anno 1585), erano tra le fiere più importanti ed antiche dell'Isola.

Da qualche anno l'Amministrazione Comunale si adopera per recuperare questa antica tradizione.

Festa dell'Immacolata

È una delle festività più sentite dai cittadini di Naro.Viene celebrata ogni anno l'8 dicembre con una solenne processione, con grande partecipazione di popolo, attraverso le principali vie urbane.

Viene portato in processione, infatti, il prezioso simulacro d'argento dell'Immacolata, lavorato, per incarico di P. Melchiorre Milazzo, allora guardiano del convento dei Frati Minori Conventuali di Naro, da Carlo Troisi e dal figlio Paolo, nativi dell'Isola di Malta, nella città della La Valletta, nel 1715.

La statua, alta mt. 2,10, pesante kg.240 circa, in origine aveva la testa e le mani in oro, ma dopo il furto avvenuto negli anni 70 furono rifatti con materiale meno pregiato. La sua struttura interna è composta da lastre di ferro, ricoperte esternamente da circa 100 lamine d'argento, tenuti insieme da chiodini anch'essi in argento.

Si dice che l'argento occorrente è stato ricavato dalla fusione di 12 grandi candelabri d'argento, alti mt. 1,40 ciascuno esistenti nella chiesa di San Francesco.

È antichissima tradizione, durante il periodo della sua novena, fare un pane tipico, chiamato muffuletta e mangiarlo per devozione all'Immacolata.

Il Natale

Foto 82 - Presepe particolareLa magia del Natale, da qualche anno, viene vissuta a Naro con particolare fervore, con l'allestimento anche di siti caratteristici, che rendono più suggestiva l'atmosfera della notte Santa.

Viene allestito, infatti, con cura e dovizia, un singolare presepe dentro le gallerie ed all'esterno di una cava abbandonata (foto 82), esistente in località San Gaetano, alla fine della via Rotabile Agrigento ad ovest dell'abitato, ad opera di un gruppo di giovani gli amici del Presepe.

Il sito, meta anche di numerose scolaresche, non è solo una creazione artistica, ma anche un evento culturale e sociale.

Tradizioni e costumi di casa nostra messi insieme in una grande festa, che ogni anno richiamano visitatori e forestieri, anche da fuori provincia.

LUDICA: i giochi di una volta

O ponti

È un giuoco prettamente maschile. Veniva fatto da ragazzi di età compresa tra i nove ed i tredici anni.
Il numero dei partecipanti variava di volta in volta.Il giuoco si svolgeva così:
Uno dei partecipanti faceva da "mastro o capo-giuoco" e si sedeva. Gli altri dopo la conta si dividevano in "cavalli" e "cavalieri". Il primo, dei cavalli, poggiava la testa sulle ginocchia del capo-giuoco, il secondo sul dorso del primo e così, di seguito, fino a fare un ponte umano.
Quindi i cavalieri, che dovevano andare sopra, saltavano e si disponevano: il primo, più agile, addosso al primo cavallo, il secondo dietro a lui con un altro salto e, così, il terzo ed il quarto e via di seguito.
Il mastro doveva accertarsi che i cavalieri saltando non toccassero terra con la punta del piede, altrimenti commettevano "fallo" ed i cavalieri, come "pena", si mutavano in cavalli.
Quando cavalli e cavalieri erano al loro posto, stavano fermi, senza muoversi, fino a quando il maestro diceva di "disfare" il ponte e si ricominciava e così di seguito.
tutte le pietre da terra, senza far cadere né la pietra che precedentemente era stata lanciata in aria né quelle che aveva già prelevato da terra.

A pitrudda

È un giuoco, anche questo maschile, i cui partecipanti potevano essere due, quattro o, al massimo, sei ragazzi, di età compresa tra i dieci e i quattordici anni.
Il giuoco procedeva così: si posavano le monete, tutte dello stesso valore, una per ogni partecipante, una sopra l'altra e dalla parte dello stesso verso, in terra. Quindi uno dei ragazzi, cui nel fare la conta sia toccato, si inginocchiava e vi lasciava cadere sopra, dall'altezza del suo petto o anche più vicino, un sassolino.
Se, nel colpire, egli faceva buon giuoco, vinceva le monete capovolte, se no, lasciava la mano al compagno e così di seguito.

E quattru cantuneri

Questo giuoco veniva fatto sia dalle bambine che dai ragazzi, in numero di cinque e di età compresa tra gli otto e i tredici anni.
Preferibilmente si praticava all'aria aperta, in estate, in questo modo: I partecipanti si contano e chi restava per ultimo, si piantava in mezzo, gli altri quattro si mettevano ciascuno ad uno spigolo di muro e di corsa si cambiavano l'un l'altro il posto. Chi stava nel mezzo correva ad occupare uno dei quattro angoli rimasti, momentaneamente, liberi. Se quello vi riusciva, l'altro, rimasto privo del posto, andava, a sua volta, nel mezzo e, così, il giuoco proseguiva.

A petra piglia

I ragazzi, di numero variabile e seduti per terra, mettevano sul suolo delle piccole pietre (mai meno di 10), quindi se ne buttava una in aria e, nello stesso tempo e con la stessa mano, si prelevava una pietra da quelle depositate in terra, quindi si recuperava, come un giocoliere, la pietra che intanto ricadeva. E così di seguito, fin quando il giocatore non riusciva a prendere tutte le pietre da terra, in uno o più lanci. Vinceva chi riusciva a recuperare tutte le pietre da terra, senza far cadere né la pietra che precedentemente era stata lanciata in aria né quelle che aveva già prelevato da terra.

A tavula longa

Veniva svolto da un gruppo di ragazzi (non meno di dieci). Si mettevano abbassati, un ragazzo dietro l'altro ed un pò distanti l'un l'altro. Il decimo ragazzo doveva saltare , uno per volta, al di sopra di quelli che stavano chinati. Se, durante il salto, uno dei ragazzi chinati veniva toccato, allora quello che, saltando, l'aveva toccato prendeva il suo posto e pagava anche una penitenza. Vinceva chi riusciva a saltare tutti i ragazzi che stavano chinati.
E così, di seguito, veniva a giocare chi aveva saltato senza penitenza e l'ultimo della fila.

TEATRALE: Estate Narese

Ogni anno l'Amministrazione Comunale, con il progetto Estate in città, propone, tra la metà di Luglio e la fine di Agosto, un ricco e vasto calendario di intrattenimenti culturali e ricreativi, per allietare le ferie degli emigrati, che tornano a Naro in vacanza, di chi resta in città e dei sempre più numerosi visitatori, richiamati anche dalle bellezze architettoniche e paesaggistiche di Naro.

Il programma, ogni anno sempre più vario, comprende una interessante rassegna di teatro dialettale, spettacoli musicali e di cabaret, discoteca all'aperto e varie manifestazioni sportive.

Ma il protagonista assoluto è sicuramente il teatro, dialettale e non, recitato nel suggestivo scenario della scalinata del Vecchio Duomo, meglio conosciuta come A scalunata (a).Il teatro è sempre stato protagonista indiscusso della vita culturale di Naro. Fin dal 1759 per opera del Dott. Paolo Castelli, insigne uomo di cultura, vengono rappresentate, con larga partecipazione di personaggi, scene del vecchio e nuovo testamento.

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GASTRONOMICA: La buona tavola

Le numerose dominazioni subite come hanno lasciato monumenti e ruderi a ricordo del loro passato splendore, così hanno mescolato alla nostra anche le loro esperienze culinarie. Tanti popoli hanno segnato il passaggio della loro cultura nelle abitudini e modi di vita, facilmente riscontrabili, ancora ai nostri giorni, anche in cucina: ai greci dobbiamo una cucina semplice legata ai prodotti della terra, agli arabi la contrapposizione di sapori agrodolce e piccanti e profumi speziati nei dolci, agli spagnoli il fasto nell'elaborazione di dolci e pietanze, ai francesi una certa raffinatezza nel preparare condimenti e sughi. Così che i loro gusti e le loro pietanze, passando dalla nostra cucina, sono state "sicilianizzate", anche se i loro nomi ci ricordano le loro origini straniere: cuscusu', cubbaita, brioscia, gattò, ecc. Una cucina varia e ricca è quella di Naro, dove la tradizione del tempo passato sopravvive nella pasta di casa. In particolare, nei maccarruna filati, tipo di pasta a cannello, modellati su un ferro da calza e nei sucameli, sempre modellati su un ferro da calza, ma a cannelli molto piccoli, che vanno conditi con ragù di maiale e spolverati con la muddricata, pan grattato saltato in padella o con formaggio pecorino. Come pure nella tagliarina, pasta spianata e tagliata a striscioline, da mangiare con fave verdi e ricotta ed, altresì, nei cavatieddri, pasta plasmata, con il dito pollice, a forma di piccoli gnocchi, buoni con le minestre o al cartoccio, che bene si accompagnano al castrato arrosto, capretto al forno, cappone ripieno e tante rinomate stigliole"naritane".(a). Ma la tavola narese continua con la pasta con sugo e finucchieddri sarvaggi, pasta con fave verdi o con la ricotta oppure con sugo e cavulicieddru amaru. Varie,anche, le minestre: di maccu (preparato con favi cucivuli)(b),di cavuli, di linticchi, di fasola e di ciciri virdi. Un buon vino paesano (c) accompagna gli sfizi della tavola narese: la froscia (frittelle di fave verdi o asparagi con uova battute), la trippa, sanguinaccio, piedi di maiale o di "vaccina", il formaggio pecorino, a pasta dura o primo sale, con grani di pepe o senza, la tuma, la ricotta fresca o salata, le olive nere (passiluna), che fanno tanta coreografia a molte succulenti pietanze, le olive verdi (scacciati e cunzati con agliu, acitu e pitrusinu).E,"dulcis in fundo", il semplice e fragante pani callu cunzatu cu uogliu,sali e spiezi, quanto di più antico la tradizione culinaria narese può annoverare.

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